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Condannato a 5 anni per proselitismo islamico via web

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E’ stato condannato a 5 anni di reclusione per partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo, con rito abbreviato, Alaa Refaei, 45 anni egiziano con cittadinanza italiana. E’ una delle due persone arrestate il 17 ottobre 2023 per aver portato avanti, secondo l’accusa, su gruppi online “una consapevole e deliberata attività di proselitismo via social a favore dell’Isis”, oltre che finanziamenti per donne vedove di combattenti jihadisti.

Lo ha deciso la gup di Milano Tiziana Landoni, accogliendo l’ipotesi accusatoria e la richiesta di 5 anni del pm Alessandro Gobbis. Le motivazioni del verdetto tra 90 giorni. Per Mohamed Nosair, 50 anni egiziano con permesso di soggiorno, anche lui arrestato più di un anno fa, il processo si sta tenendo con rito immediato davanti alla Corte d’Assise di Monza, perché l’imputato era residente a Sesto San Giovanni. La requisitoria del pm è fissata per il 15 novembre.

Nei mesi scorsi il gip Fabrizio Filice aveva accolto la richiesta di immediato nell’inchiesta della Digos e della Polizia Postale, coordinata anche dal procuratore Marcello Viola. A novembre 2023 il Tribunale del Riesame aveva confermato le misure cautelari del carcere per i due. Per il gip, come si leggeva nell’ordinanza, i due avrebbero mostrato “aperto sostegno all’Isis, veicolato dalla detenzione e dalla condivisione del materiale propagandistico”.

Dagli atti era emerso anche che Refaei, rispondendo a un commento in un video nel quale vi era l’immagine della presidente del Consiglio Giorgia Meloni con Silvio Berlusconi, aveva scritto: “sappiamo benissimo come zittirli e fermarli al momento giusto… viviamo con loro da banditi … pronti a colpirli a ciabattate…”.

Entrambi gli arrestati, invece, si sono difesi sostenendo di avere avuto solo “simpatie” per l’Isis, quando combattevano contro Assad in Siria e in Iraq e che mai sarebbero passati all’azione. Le difese hanno fatto notare che i loro erano soltanto “proclami sterili”. Scontato il ricorso in appello della difesa dopo il deposito delle motivazioni.

Aumentano i casi di “simpatie jihadiste” di stranieri regolarizzati e non sul territorio italiano. Certe dichiarazioni potrebbero sembrare innocenti, ma potrebbero nascondere al tempo stesso la volontà di commettere reati in nome di una causa “religiosa”.

Seguiremo lo sviluppo del caso.

(Fonte: ANSA)

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