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John Elkann e la caduta di stile

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Lo scontro tra governo e Stellantis è ufficiale ormai. Quel «John Elkann – ha detto Giorgia Meloni intervistata da Bruno Vespa – non ha detto solo di no, ha detto no perché aspetto il tavolo del governo. Temo che a Elkann sfuggano i fondamentali della Repubblica italiana. Questa mancanza di rispetto per il Parlamento me la sarei evitata». Ed ecco le spiegazioni su come le risorse per gli incentivi siano serviti a comprare auto non prodotte in Italia. Più che una risposta è una porta sbattuta in faccia all’arroganza del capo di Stellantis, l’ingegner John Philip Jacob Elkann, per parenti e amici affettuosamente “Jaki”, la cui lettera inviata ad Alberto Luigi Gusmeroli, presidente della Commissione Attività Produttive della Camera, spiega che «non essendoci aggiornamenti dall’audizione dello scorso venerdì 11 ottobre non abbiamo nulla da aggiungere».

Una lezione di democrazia al ricchissimo uomo d’affari che ha ammanchi di memoria sulle funzioni e sul ruolo del Parlamento. Infatti, dopo aver ricevuto, dai vari governi, aiuti per riparare a disastrose politiche e gestioni aziendali fallimentari, Elkann vuole tenersi a distanza di sicurezza dall’aula parlamentare, forse non di suo gradimento, godendo, per eredità di siti più adatti e confortevoli ad esigenze private ed esclusive, evitando di dire che la di lui madre Margherita gli ha persino negato l’accesso alla residenza storica della famiglia a Villa Perosa.

Il momento è critico, perché Elkann dovrebbe ricordarsi che il nonno, Gianni Agnelli detto “l’Avvocato”, è stato, per nomina di Giovanni Spadolini, senatore a vita della Repubblica, il prozio Umberto senatore della VII legislatura dal luglio del 1976 al giugno del 1979 nelle file della fu gloriosa Democrazia Cristiana, così la prozia Susanna( filantropa altruista) per il Partito Repubblicano e poi ministro degli Affari Esteri, per non dimenticare il trisnonno Giovanni Agnelli, senatore del Regno d’Italia della XXVI legislatura. Di fatto i parenti, vicini e lontani, hanno tutti frequentato le aule ottocentesche della Capitale dalle quali lui oggi preferisce stare stranamente a distanza, in sterile smart working, delegando i suoi funzionari a rappresentarlo. Non è proprio questo lo stile degli Agnelli, grande famiglia nostrana, ma John, un Elkann, non vuole aderire del tutto a certe abitudini di famiglia, tranne quelle più comodamente finanziarie e fiscali. Ogni tanto appare a Roma per presentare al capo dello Stato l’ultimo modello di vettura uscito dalle fabbriche; di quelle dismesse ovviamente non fa alcun cenno. Fiat, poi Fca, infine Stellantis, ha fatto parte della storia dell’Italia, non è solo un logo, una sigla, una persona giuridica, ha segnato le sorti economiche e sociali di moltissime famiglie, supportata e sopportata sempre dalle agevolazioni governative. L’arroganza ha preso il posto dello stile che non può certo essere rappresentato da un completo sartoriale da migliaia di uro e nemmeno dalla presenza in tribuna allo stadio per assistere alle partite della Juventus, come erano soliti il nonno e il prozio. Il portone di Palazzo Chigi non è chiuso a doppia mandata: la premier Meloni è stata chiara. Ci sono in gioco tantissimi posti di lavoro.

Egregio Ingegnere Elkann, si metta una mano sul cuore, si faccia un esame di coscienza, e comprenda che è meglio essere amati anziché odiati; essere ammirati per le proprie virtù è impagabile. Essere ammirati per i soldi è squallido. I suoi “antenati” erano visti come modello di italianità, nel senso di grandezza intellettiva, di vastità di visione, di altruismo nazionale, anche di sacrificio personale, e non meramente come sfoggio di uno status economico ereditato.

(Fonte: Il Giornale)

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