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Una Irpef più “leggera”

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Alleggerire l’Irpef per i redditi fino a 50mila euro.

E’ la nuova sfida che il governo potrebbe realizzare con la prossima manovra economica. Rappresenterebbe un nuovo passo in avanti rispetto all’ultimo intervento che ha ridotto – ma solo per quest’anno – le aliquote da quattro a tre, con un beneficio soprattutto per i redditi bassi.

Il nodo rimane però sempre lo stesso, quello delle risorse. Che, conti alla mano, potrebbero non essere di poco conto. Tutto comunque dipenderà dalla riuscita dell’operazione ‘concordato preventivo biennale’. Il governo ha semplificato e reso conveniente questo strumento pensato per le partite Iva ma in concreto la prima scadenza di pagamento con le adesioni è prevista per il 31 ottobre prossimo e solo dopo sarà possibile verificare le risorse.

Intanto è già caccia alle risorse per confermare quanto già approvato per quest’anno. Non solo il taglio del cuneo e la prima tranche dello sconto Irpef, ma anche le decontribuzioni per le mamme lavoratrici. Proprio su quest’ultimo capitolo sembrano arrivare prime certezze. Non solo per confermare lo sgravio, ora limitato ad un solo anno per le mamme lavoratrici con soli due figli, ma anche per estenderlo dalle dipendenti alle lavoratrici professioniste, alle mamme con partita Iva.

La nuova sfida Irpef, comunque, non è una suggestione. Il vice-ministro all’economia, Maurizio Leo, non aveva nascosto già dal novembre scorso, quando si decise la riduzione da 4 a 3 aliquote l’obiettivo di fare ulteriori passi avanti per i redditi fino a 50.000 euro. Un mantra che ha ripetuto più volte a anche in una recente intervista. “i nuovi sgravi – ha detto – dovranno riguardare la fascia di reddito dai 35mila euro, dove si esaurisce il beneficio del taglio al cuneo fiscale, a 50 mila euro, anche qualcosa in più”. Un pratica sul ceto medio.

Al momento le aliquote Irpef sono tre: la prima, del 23%, si ferma a 28mila euro; la seconda del 35% si applica tra i 28mila e i 50mila euro; la terza del 43% oltre questa soglia. L’obiettivo a regime è quello di scendere a due sole aliquote, rimodulando le detrazioni per evitare penalizzazioni. Questo appare però difficile da realizzare al momento. Può probabile che si possa invece ridurre di uno o due punti l’aliquota intermedia del 35%.

Questo progetto è però legato a doppio filo con il concordato preventivo biennale, cioè il meccanismo in base al quale le partite Iva possono decidere di concordare – in base a specifici parametri di categoria – i versamenti da fare nei due anni. Sarà necessario capire quale gettito darà quest’anno questo strumento e quindi quanto potrà garantire anche il prossimo in modo praticamente automatico. Questo, unito all’andamento del gettito fiscale che al momento sembra trottare a buon ritmo con entrate che nei primi sei mesi sono state di 13 miliardi superiori al primo semestre 2023, potrebbe consentire l’abbassamento Irpef.

Il quadro degli incassi e delle risorse necessarie per i diversi interventi, che come sempre possono essere modulati, non è comunque ancora definito. L’appuntamento ‘politico’ è fissato per il 30 agosto, quando la premier Giorgia Meloni incontrerà i due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani. Poi ci sarà il primo consiglio dei ministri a settembre nel quale, come tradizione, il ministro dell’Economia tornerà a chiedere ai propri colleghi di elaborare risparmi di spesa, la cosiddetta spending review dal quale il governo punterebbe a raggranellare 2 miliardi. Quest’anno poi, oltre alla Nadef con il nuovo quadro macroeconomico che deve essere approvata entro il 27 settembre, il governo dovrà elaborare il piano di rientro settennale con i nuovi parametri di spesa previsti dal patto Ue. La manovra, che al momento si ipotizza da 22-23 miliardi, entrerà nel vivo.

Notevole.

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