Nel 1891 Giuseppe Pellizza da Volpedo scriveva: “La questione sociale s’impone. Anche l’arte non dev’essere estranea a questo movimento, verso una meta che è ancora un’incognita ma che pure si intuisce dover essere migliore a petto delle condizioni presenti”. Da quel giorno l’artista piemontese lavorerà incessantemente, per dieci anni, al suo capolavoro più famoso: “Il Quarto Stato”, divenuto il simbolo di una giornata dedicata ai lavoratori e al lavoro in sé.
L’opera è conservata presso il Museo del Novecento di Milano, rappresenta un unicum nel panorama artistico europeo: grazie ad essa per la prima volta la questione sociale e il movimento operaio s’impongono anche grazie all’arte, con una forza senza precedenti. Il successo del dipinto non fu però decretato dalle sale di un museo, bensì dall’incredibile seguito che ebbe sulla stampa dell’epoca: furono tantissimi i giornali, soprattutto socialisti, che scelsero “Il Quarto Stato” come rappresentazione più efficace del nascente movimento operaio italiano.
E’ stato in seguito al brutale massacro attuato dal generale Bava-Beccaris per reprimere la sollevazione popolare milanese, che Pellizza deciderà di imprimere la Fiumana umana di lavoratori compatti e uniti.
Se, come il sottoscritto, soffrite della sindrome di Stendhal, quest’opera vi travolgerà nello spirito.