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Ilaria Salis scrive una lettera dal carcere

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Ecco cosa ha scritto la “pasionaria” detenuta :”Sono caduta in un pozzo profondissimo, mi chiedo se ci sia uscita.Ma non ho dubbi su quale sia la parte giusta della storia”.

E’ uno stralcio di una lettera che Ilaria Salis ha scritto in carcere, su Repubblica online. La maestra antifascista racconta nel suo diario di prigionia il secondo mese nella prigione di massima sicurezza di Budapest. Di certo non è Silvio Pellico.

 “I mesi sono lunghi e accade che la bolla si trasformi in un buco nero che ti risucchia. Prendendo in prestito una metafora che leggerò parecchi mesi dopo in un bellissimo fumetto dedicato alle mie vicende – qui cita l’autore fumettista Zerocalcare – sono caduta in un pozzo profondissimo. Le pareti sono scivolose ed ogni volta che faticosamente cerco di compiere un breve passo per risalire appena un pochino, finisco sempre col precipitare più in profondità. A volte mi chiedo se questo pozzo abbia un fondo e se da qualche parte ci sia davvero un’uscita. Immagino di essere un piccolo geco, che nell’oscurità silente riesce a scalare le pareti. Già, devo scalare le pareti, ma qui purtroppo non ci sono i miei compagni di arrampicata e i legami di fiducia ben stretti sulla corda della sicura”.

 “Chiudo gli occhi e lancio lo sguardo oltre le mura di questo cieco carcere: scorgo le vicende di uomini e donne come ricambi in tessuti su arazzi che raffigurano storie più ampie. Storie di popoli, di culture, di lingue e di religioni. Storia di sistemi economici, politici e giuridici. Storie di ricchezza e di miseria, di potere, di sopraffazione e di sfruttamento. Storie di guerre e di eserciti. Storie di un mondo in cui ancora si uccidono bambini, in cui alle quarte d’Europa risuonano mitraglie che riecheggiano gli scempi del secolo scorso. Apro gli occhi e mi scorgono rannicchiata sulla grigia coperta, con lo sguardo fisso sulla porta di ferro della cella. Tutto mi appare semplice e lineare in queste vicende, come in molte altre, non può esserci alcun dubbio su quale sia la parte giusta della storia”, riporta il suo diario. 

Non c’è che dire, come scrittrice ha un futuro assicurato. Se e quando uscirà di prigione, la aspettano numerosi convegni, sessioni di lettura, e chissà, perché no, una candidatura in parlamento.

Inizialmente avevo preso le parti della maestra, ma scorgendo il suo passato e vedendo la sua ostinazione, ritengo che non sia una santa ingiustamente incarcerata. Certo, la prigione lì dove si trova non è come in Italia, dove le avrebbero dato i domiciliari probabilmente. Il mio pensiero è rivolto a quegli italiani ingiustamente incarcerati all’estero, come Chico Forti, che ormai, quel che gli resta lo passerà in Italia dopo anni di battaglie.

Cara Ilaria, hai sbagliato, e come tutti, devi pagare. Ti auguro il minimo, sinceramente, anche se c’è una cosa che non sopporto è la stupidità, e quella non ha attenuanti di alcun tipo. Mi dispiace per tuo padre, per i tuoi cari, ma sapevi a cosa andavi incontro.

E ti è andata bene, perché dove ti trovi non è l’Isola del Diavolo di “Papillon” o BangKok o qualche altro posto spaventoso. La tua vicenda fa riflettere sul paese di Orban, che fa parte dell’Europa solo quando lo desidera, contravvenendo a quegli ideali universalmente liberali che fanno dell’UE un posto civile.

Continua a scrivere, Ilaria, non abbatterti, ma rifletti. Ancora non sei detenuta come Eve in “V per vendetta”.

Donna Vita Libertà.

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