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Ilaria Salis, ne ho “parlato” il 16 Dicembre, ora tutti si muovono per lei

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“Una maestrina antifascista milanese in carcere a Budapest e ne nessuno ne parla”- questo è il titolo del mio articolo su Ilaria, scritto dopo aver fatto alcune ricerche sul suo caso, e finalmente la Rai e le altre emittenti televisive a carattere nazionale se ne occupano, dopo più di un mese dalla notizia, dopo più di un anno dal fatto.

Sapete, scrivendo articoli per questa redazione si finisce col soffrire della sindrome di Cassandra, o più semplicemente “deja vu”. Mi spiego meglio. Le notizie, quando finiscono sul piccolo schermo domestico, non sono quasi mai notizie “fresche”, a meno che non le ritengano così eclatanti da essere poi trasmesse. Se accendo la tv e guardo i vari TG Rai, dico tra me e me : “già scritto, lo sapevo già”. E spesso vedo che sono servizi giornalistici televisivi approssimativi, caratterizzati da un pressapochismo da giornalino delle medie.

Per il “complesso di Cassandra”, vi posso garantire che l’Intelligenza Artificiale sarà la nostra fine. Ma non prestatemi attenzione su questo.

Tornando alla povera Ilaria Salis, tutti ormai hanno visto in che condizioni è stata tradotta in tribunale, nemmeno fosse un serial killer americano stile Jeffrey Dahmer o Aileen Wournos. Sia ben chiaro che comunque la Salis deve rispondere dei reati di cui è imputata. Qualcuno, venendo a sapere dei suoi trascorsi da attivista politica( compresa la sua partecipazione all’assalto al gazebo della Lega) potrebbe dire “Di certo non è una santa”. Va bene. Ma incatenata come una bestia con tanto di guinzaglio, mi sembra esagerato.

Ora, chissà cosa si sono detti telefonicamente la premier Meloni e il suo omologo e amico sovranista Viktor Orban sulla Salis.

il 2 ottobre scorso Ilaria ha scritto un memoriale consegnato al consolato italiano per il suo avvocato, quando non aveva ancora la possibilità di parlare con lui nonostante gli otto mesi di prigionia. «Sono trattata come una bestia al guinzaglio – si legge nel testo mostrato dal Tg La7 – da tre mesi sono tormentata dalle punture delle cimici nel letto, l’aria è poca, solo quella che filtra dallo spioncino». Questi sono solo alcuni dei passaggi del suo memoriale. Il testo, che descrive una situazione segnata da condizioni igieniche precarie e scarsa alimentazione, è stato scritto quando Ilaria Salis era in carcere da otto mesi e non aveva avuto ancora la possibilità di parlare con il suo avvocato italiano. «Gli avvocati ungheresi – afferma fra l’altro la donna riguardo alle sue condizioni – dicono che non si può fare niente». «All’arresto sono stata fatta spogliare e lasciata in mutande, reggiseno e calzini, poi costretta a rivestirmi con abiti malconci e puzzolenti e stivali con tacchi a spillo non della mia taglia. In carcere per 5 settimane senza cambiare le lenzuola, tormentata dalle punture delle cimici da letto, nei corridoi tra scarafaggi e topi. Il carrello passa per la colazione e per il pranzo ma non per la cena. A colazione si riceve una fetta di salame spesso in cattivo stato. A pranzo danno zuppe acquose in cui c’è pochissimo cibo solido, ma dove spesso si trovano pezzi di carta e di plastica, capelli o peli. Si trascorrono 23 ore su 24 in cella completamente chiusa: c’è una sola ora d’aria al giorno e la socialità non esiste. Tutte le mattine ci svegliamo alle 5.30. Ogni volta che dobbiamo sostare in corridoio dobbiamo stare rivolte verso il muro». Poi anche le preoccupazioni per la salute: «Ho un nodulo, dovevo fare un’ecografia a marzo, l’ho potuta fare solo a giugno, e allora nessun referto, solo la dottoressa mi ha detto a voce che andava tutto bene». 

Sta di fatto che i diritti umani in uno stato dell’Unione Europea sono proprio assenti, viste le condizioni in cui versano le prigioni bulgare. Roberto Salis, padre dell’imputata, ha fatto molteplici appelli prima di essere finalmente ascoltato.

Signor Roberto, Lei ha la mia piena solidarietà. Dovrà però affrontare il “circo mediatico” su sua figlia finché questa vicenda non vedrà un esito positivo, come l’estradizione, magari.

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