Una presunta rete di consulenze e gli appalti pubblici banditi dall’Anas. L’attenzione degli inquirenti si è concentrata su una gara da 180 milioni di euro per l’affidamento di lavori per il risanamento di gallerie. È questo l’oggetto della indagine avviata nella primavera dello scorso anno dai PM di Roma e che ha portato all’emissione della misura degli arresti domiciliari per Tommaso Verdini, figlio dell’ex parlamentare Denis anch’egli finito nel registro. Come riferisce Ansa, il gip della Capitale ha inoltre disposto la stessa misura cautelare per altre quattro persone oltre a due misure interdittive della durata di 12 mesi. Verdini junior, a capo della società che si occupa di lobbyng Inver, era finito nel registro degli indagati nel luglio del 2022. Il figlio dell’ex senatore e deputato è stato oggetto di perquisizioni, così come alcuni manager Anas, da parte della Guardia di Finanza a cui sono state affidate le indagini. L’impianto accusatorio dei magistrati di piazzale Clodio pone al centro della presunta attività illecita la Inver che avrebbe facilitato una serie di ditte nel partecipare e vincere, grazie all’accesso ad informazioni riservate, appalti con l’Anas. Nel procedimento non sono in alcun modo coinvolti i massimi vertici della società che si occupa di infrastrutture stradali e gestisce la rete di strade statali e autostrade di interesse nazionale. Per l’accusa un dirigente ed un funzionario di Anas avrebbero messo a disposizione di privati le proprie funzioni pubbliche – fornendo informazioni e documenti riservati ovvero avvicinando indebitamente membri delle commissioni di gara – al fine di garantire alle imprese l’affidamento di lavori per il risanamento strutturale di gallerie, per un importo complessivo di 180 milioni di euro. Le utilità promesse sarebbero consistite nell’intervento dei consulenti arrestati per far ottenere ai funzionari indagati avanzamenti di carriera e conferme in posizioni apicali di Anas. Il gip afferma che «dalle indagini è emersa la sussistenza di un sistema corruttivo forte e stabile che ha portato ad una turbativa delle gare per importi milionari». Per il giudice «gli indagati hanno operato con pubblici ufficiali e con i privati loro clienti mettendo a disposizione i loro rapporti stretti con pubblici ufficiali in posizioni apicali all’interno di Anas e delle strutture pubbliche, di volta in volta, coinvolte nelle procedure di interesse dei clienti». Nell’ordinanza si afferma, inoltre, che le persone finite nel registro «erano in grado (anzi sono stati in grado) grazie ai loro ‘agganci politici e conoscenze all’interno di Anas’ e ad un sistema di scambio di reciproci favori, di avvantaggiare i propri clienti nell’aggiudicarsi gare». La nascita dell’inchiesta è legata ad una denuncia presentata ai magistrati di piazzale Clodio da un ex dirigente dell’Anas negli ultimi mesi del 2021.
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