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Pnrr, alluvioni( e non solo) e sostenibilità

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Come si è soliti dire:”prevenire è meglio che curare”.

Questo è quanto emerso dal Rapporto Anci-Cresme sul post-alluvione di maggio. Sono state 187 le domande sulla riserva per le imprese con sede operativa nelle zone colpite proprio dagli effetti del maltempo. Domande arrivate per un totale di 1883 al ‘Fondo Innovazione-Intervento a sostegno della produttività’ erogato da Ismea. Perché con il taglio del governo ai fondi Pnrr destinati alle zone a rischio medio-alto, il lavoro da fare è ancora più oneroso e comprende più il “guarire” che il “prevenire”, appunto.

Il 15% del territorio nazionale, infatti, presenta queste caratteristiche ed è spesso soggetto a danni causati da fenomeni idro-geologici che danno poco spazio ad una fase di ripresa in tempi brevi. Sono otto milioni gli italiani che vivono in quelle zone e che, come denuncia il Rapporto Cresme-Anci, se gran parte di quei fondi è stato destinato a Emilia-Romagna, Toscana e Marche, per la prevenzione restano poco più di 300 milioni.

Acqua, un bene assoluto

Secondo i dati del Rapporto sullo stato di rischio del territorio 2023, nelle reti idriche, inoltre, si disperdono ogni anno 4,2 miliardi di metri cubi di acqua potabile. Parliamo del 42% dell’acqua prelevata per le risorse idriche. E i fabbisogni infrastrutturali sono altrettanto notevoli: si tratta di almeno 200mila chilometri di rete da rigenerare, riparare o rottamare e sostituire, almeno 50mila chilometri di nuove reti, 30mila dedicate all’acqua e 20mila alle fognature. Un fabbisogno che, ancora una volta, ottiene una risposta insufficiente da parte del Pnrr.

Intanto, 106 milioni di euro dalle Regioni italiane all’Emilia-Romagna come fondo di solidarietà da impiegare in ambito agricolo per le imprese alluvionate è la notizia degli ultimi giorni. Si tratta di risorse provenienti dal Complemento di Sviluppo Rurale 2023-2027 delle singole Regioni, che hanno riconosciuto in via solidale fondi all’Emilia-Romagna per l’agricoltura, profondamente colpita dalle alluvioni di maggio, come già avvenuto in passato per altre calamità sul territorio nazionale.

“A fronte di un evento epocale abbiamo iniziato subito a lavorare per mettere in sicurezza i territori colpiti e sostenere imprese e cittadini: con le somme urgenze subito e poi in piena collaborazione con la struttura commissariale una volta insediata – hanno affermato il presidente della Regione Stefano Bonaccini e l’assessore all’Agricoltura Alessio Mammi -. Il settore agricolo, che vede l’Emilia-Romagna ai primissimi posti in Italia per consistenza del tessuto produttivo, con oltre 55mila imprese, ha subìto un colpo micidiale e ha necessità di tutti i sostegni possibili per ripartire”. 325 milioni di euro tra risorse nazionali ed europee dovrebbero, così, far fronte ai 912 milioni di danni.

Una questione di sostenibilità

Il 29 novembre, la Regione Emilia-Romagna ha annunciato che il Fondo Sviluppo e Coesione trova il territorio pronto a utilizzare al meglio i 590 milioni. Queste le principali aree di intervento:

1-Dissesto idrogeologico, in coerenza con la programmazione già approntata e con gli interventi in corso. “Su questo- ha precisato Bonaccini- ci aspettiamo però una risposta chiara dal Governo rispetto agli impegni assunti di stanziare le risorse necessarie per la ricostruzione e la messa in sicurezza dei territori colpiti dall’alluvione di maggio. Al momento non ne abbiamo e occorre chiarire qual è l’impatto della revisione del Pnrr su questo punto cruciale”.

2- Il potenziamento delle infrastrutture per la mobilità: oltre le risorse per la rete ferroviaria, che generano investimenti per quasi 65 milioni la priorità è il rafforzamento della viabilità delle Province e della Città metropolitana.

3- La rigenerazione urbana, fondamentale dopo lo stop imposto al consumo di suolo. Dopo i primi due bandi realizzati negli anni scorsi, la Regione punta a un’ulteriore spinta in questa direzione e le risorse del Fsc saranno essenziali quale leva di intervento pubblico.

4- La promozione dello sviluppo sostenibile delle città e delle aree montane e interne.

5- Il potenziamento dell’edilizia universitaria, la realizzazione di infrastrutture strategiche per la formazione terziaria e a favore dell’attrattività dei giovani talenti.

6- La qualificazione degli impianti sportivi, del patrimonio culturale e dei servizi sociali.

E’ effettivamente un piano per prevenire e tanta voglia di ripartire, ma con attenzione alle sfide del cambiamento climatico è la vera sfida, dell’Emilia-Romagna come dell’Italia intera. Resta ai nostri amministratori come vagliare le scelte in previsione di quello che sembra essere un clima davvero impazzito.

Laddove non si previene si arriva inevitabilmente a fare i conti(amarissimi) con le conseguenze climatiche e di speculazione umana sui territori.

(Fonte:ADN-Kronos)

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