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CONTINUA LA DIATRIBA ASL-DE GIROLAMO

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Hanno entrambi sollecitato la Corte di appello a confermare l’assoluzione dei loro assistiti stabilita dal Tribunale di Benevento (anche per altri sei imputati). Gli avvocati Salvatore Verrillo e Roberto Prozzo lo hanno fatto, rispettivamente, per Giacomo Papa, chiamato in causa come collaboratore dell’ex parlamentare Nunzia De Girolamo, e l’ex direttore generale dell’Asl Michele Rossi.

Si tratta di due delle sei persone di cui il pm Assunta Tillo ha impugnato l’assoluzione dopo il processo nato dall’inchiesta della guardia di finanza sull’Azienda sanitaria locale. Due le vicende al centro del ricorso, racchiuse nelle accuse di concussione ai danni di Giovanni De Masi, dirigente dell’Unità Provveditorato (sarebbe stato ‘invitato’ a sospendere quattro gare già bandite e prossime alla scadenza e a lasciare l’incarico ricoperto), contestata, oltre che a Papa, Rossi e De Girolamo, anche a Felice Pisapia, ex direttore amministrativo dell’Asl, Arnaldo Falato, ex responsabile budgeting, e Luigi Barone, anch’egli indicato come collaboratore di De Girolamo; e di tentata concussione, prospettata solo nei confronti di Rossi e De Giolamo, relativa al passaggio di gestione del bar del Fatebenefratelli dalla ditta ‘Mario Liguori srl’ a Giorgia Liguori, cugina di De Girolamo. Come è noto, il sostituto pg ha proposto la condanna a 6 anni per Rossi e De Girolamo, e a 5 anni per tutti gli altri.

“L’avvocato Papa è completamente estraneo ai fatti – ha esordito Verrillo-, la sua unica colpa è stata quella di aver partecipato ad una riunione durante la quale, essendo stata sollevata da qualcuno dei presenti una problematica giuridica in ordine all’affidamento del servizio 118, il professionista – stante le sue specifiche competenze in materia – ha fornito un proprio parere e non certo interferito in modo illecito sui processi decisionali del management dell’Asl”.

Quanto alla concussione a De Masi, l’avvocato Verrillo ha rimarcato che, “rispetto alla teorizzata condotta istigatrice, dall’istruttoria dibattimentale non è emerso alcun elemento a carico di Papa. Infatti, tutti i testi escussi in ordine a tale vicenda non hanno mai in alcun modo proferito il nome dell’avvocato Papa che, per stessa ammissione di Pisapia, aveva partecipato a solo due incontri, il primo dei quali (quello del 23 luglio 2012) è collocabile dieci mesi dopo i fatti oggetto della teorizzata concussione”.

Il difensore ha poi puntato l’attenzione sull’addebito di associazione per delinquere, oggetto dell’appello della parte civile, evidenziando che “dalla lettura dei passi estrapolati dalle registrazioni e dalle deposizioni rese in udienza emerge in tutta evidenza la assoluta impossibilità di ipotizzare l’esistenza di un’associazione a delinquere e, men che meno, la partecipazione dell’imputato Papa ad essa. La tesi accusatoria si fonda esclusivamente sulla circostanza della sua mera appartenenza ad un partito politico e della condivisione di progetto mediante l’assunzione di cariche di responsabilità legate, in particolare, alla sua competenza tecnica. Un’aberrazione che consegue alla sciagurata equiparazione tra politica e malaffare e che non può assolutamente essere condivisa sia per il giudizio morale che esprime ma, soprattutto, per la inconsistenza in relazione al caso di specie. Mancano tutti gli elementi idonei ad integrare il reato di associazione a delinquere: vincolo associativo permanente, indeterminatezza del disegno criminoso e struttura organizzativa”.

Dal canto suo, l’avvocato Roberto Prozzo, che è andato avanti per due ore e mezza, si è detto convinto dell’estraneità di Rossi a ogni accusa. Rispetto a De Masi, ha evidenziato che Rossi si era “limitato solo a chiedergli una serie di chiarimenti sulle gare bandite, che presentavano vizi che successivamente avevano reso necessario il loro rifacimento”. Quanto al bar del Fatebenfratelli, ha escluso ogni coinvolgimento di Rossi. Carte e numeri alla mano, ha affermato che “i controlli sono stati eseguiti nel pieno rispetto della legge, la loro intensificazione è arrivata nel 2013, dopo il cambio di gestione, non prima”.

Le sue argomentazioni sono poi state anche più complessive, per rintuzzare l’appello della parte civile contro l’assoluzione dall’associazione. Le registrazioni di Pisapia, aveva spiegato già in primo grado, non sono “una prova di accusa contro di lui ma la prova della sua innocenza e dell’inconsistenza delle stesse accuse. Le frasi di Rossi sono state travisate, lui non ha mai detto di essere asservito ai desideri di De Girolamo, alla quale è grato per la nomina, ma il contrario: ha rivendicato le sue prerogative di direttore generale sostenendo che non c’erano alternative e che era disponibile a dimettersi ma non a venir meno alle proprie funzioni”.

E ancora: “Dalle conversazioni emerge che vi sono stati solo alcuni incontri in cui si è discusso anche di questioni amministrative che potevano avere risvolti di carattere politico, ma non che sia stata creata una associazione finalizzata alla commissione di reati. Emerge solo che De Girolamo riceveva richieste da amministratori locali e/o cittadini, e le pone all’attenzione degli organi amministrativi, non che vi fosse un accordo per asservire la pubblica amministrazione. Dalle registrazioni emerge che esistevano forti divergenze all’interno dell’amministrazione, e la parte politica si preoccupava che tali divergenze impedissero una gestione efficiente del’Asl, con evidenti ricadute negative anche di carattere politico”.

Infine: “I contrasti tra Rossi e Pisapia nascono quasi subito, nel momento in cui Rossi dispone che i pagamenti debbano essere ‘allineati’, così sottraendo a Pisapia il potere di decidere chi e quando deve essere pagato”. Dalle registrazioni salta fuori che “vi sono forti contrasti, altro che programma criminoso, tra i soggetti che farebbero parte dell’associazione, che la gestione dell’Asl non asseconda la politica. Emerge il tentativo di Pisapia di far fuori Rossi, ripristinando il vecchio regime con Falato”.

Se il calendario sarà rispettato, il 28 giugno è in programma l’ultimo round: spazio alle arringhe degli avvocati Domenico Di Terlizzi e Giandomenico Caiazza, per De Girolamo, e Vincenzo Sguera, per Barone, poi la sentenza.

Per le parti civili gli avvocati Gerardo Orlando (Fatebenefratelli), Natale Polimeni (Sanit), Giovannina Piccoli (per De Masi) e Annamaria Ziccardi (Asl).

Fonte: Ottopagine

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