“E’ indispensabile una nuova pianificazione eco-sostenibile dei Parchi Eolici e degli Spazi Fotovoltaici con specifiche leggi regionali sulle comunità energetiche che dovrebbero governare la pianificazione dei Parchi e degli Spazi e quindi l’estrazione, la trasformazione e l’accumulo, nonché la distribuzione al territorio di produzione ed il trasferimento al mercato esterno. Il tutto nel pieno e primario rispetto delle esigenze e dei diritti dell’ambiente, del paesaggio e degli spazi agroforestali (coltivazioni erbacee ed arboree, silvicoltura, pascoli)”. Così Carmine Nardone, Presidente Futuridea Benevento, lancia una proposta al Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani in merito alle risorse energetiche e le potenzialità straordinarie per la produzione di idrogeno pulito da inserire in alcune linee progettuali del Pnrr.
“Pochi sanno – continua Nardone – che circa il 20% dell’energia elettrica italiana di origine eolica viene prodotta nell’area Fortore –Tammaro, pertanto i parchi eolici vanno inseriti nei piani urbanistici comunali, così come si è fatto con i PIP (Piano di insediamento produttivo) per gli stabilimenti industriali. Ma, a differenza dei PIP che concedono agli stabilimenti soltanto lo spazio edificatorio, i parchi eolici, oltre all’occupazione dello spazio per l’impianto della pala aereo-energetica, consentono l’estrazione (ma non la sottrazione piratesca) dell’energia del vento, diventando un bene comune, i cui ricavi economici spettano in primo luogo alla comunità civile insediata in quel territorio. Altro che sussidi assistenziali e bonus vari, – evidenzia Nardone – qui parliamo di rimborsi e risarcimenti più oggettivi e fattibili”.
Riflettori di Nardone accesi sulla produzione di energia solare e fotovoltaica: “Un discorso nuovo va fatto anche sulla produzione di energia solare con il sistema fotovoltaico. Nei programmi delle cosiddette comunità energetiche – afferma Nardone – la localizzazione di impianti fotovoltaici nello spazio rurale, sia sui tetti che sul terreno improduttivo, andrebbe decisa di concerto con gli agricoltori nell’ambito della cosiddetta agricoltura multifunzione. Un discorso non molto diverso va fatto anche per i ristori sull’energia fotovoltaica in quanto, anche in questo settore, il territorio corre il rischio di sfruttamento geo ambientale e di abusi economici. Il rischio – sottolinea il Presidente – è che vengano coperti da pannelli fotovoltaici non tanto gli spazi incolti ed improduttivi, ma anche terreni agricoli pianeggianti e fertili, soltanto perché meglio esposti al sole o di più facile accesso. I pannelli fotovoltaici istallati in aree rurali devono essere considerati non solo attività agricola perché nello spazio agro rurale, ma anche per il loro impatto geo ecologico e per il paesaggio rurale. Siamo nell’ambito della cosiddetta agricoltura multifunzionale: cioè un’azienda agricola non produce solo quello che raccoglie dal terreno e dalla stalla ma, in termini strettamente agronomici, anche altro utilizzando, dentro e fuori lo spazio aziendale, le sue strutture e attrezzature per fare tutto ciò che è connesso con una diversa utilizzazione dello spazio agrorurale in termini multifunzionali. Pertanto l’elettricità, estratta da un impianto fotovoltaico situato sul tetto di un fabbricato rurale (eco magazzini, stalle, eco serre) e non sul terreno dell’azienda agricola, è un prodotto della stessa azienda agricola, un prodotto dell’agricoltura multifunzionale nello spirito dell’apposito Decreto Legge n. 228 del 2001. L’obiettivo – afferma ancora Nardone – è quello di accrescere la consapevolezza sulle basi di partenza per un governo del territorio innovativo e intelligente, in grado di guidare un processo di sviluppo eco-compatibile ed ecosostenibile nel quadro di una moderna pianificazione paesaggistica anche nel rispetto dell’agricoltura multifunzionale”. Ed ecco l’idea-proposta di Carmine Nardone: “Il fotovoltaico oltre che su scala aziendale (ecoserre, bio architettura ed ecomagazzini) senza consumo di suolo agrario può essere istallato nelle cave dismesse, come suggerito da anni da Ennio De Crescenzo e Antonio Mariniello. Si tratta di progettualità per un riuso intelligente delle cave abbandonate. Solo in Campania le cave dismesse sono 1257 per lo più localizzate nelle aree interne. La più interessante opportunità per le aree collinari e montane è la sfida del futuro dell’idrogeno. La domanda è semplice: dove produrre questo prezioso vettore energetico pulito ovvero non derivato da combustibili fossili? La risposta è una: dall’energia rinnovabile (eolica, idrica, fotovoltaica) delle aree collinari e montane. Non si può parlare di H2 come di una novità in termini assoluti. L’idrogeno “grigio” – continua il Presidente Nardone – è già utilizzato per gli usi industriali a partire dal gas naturale ricorrendo a un processo di conversione termochimica che produce anidride carbonica. Ma al centro della strategia europea c’è l’idrogeno “verde” prodotto con l’elettrolisi dell’acqua alimentata da energie rinnovabili. L’UE punta ad una capacità di produzione annuale di idrogeno da fonti rinnovabili di un milione di tonnellate entro il 2024. Tonnellate che diverrebbero 10 milioni entro il 2030. Si tratta di un obiettivo ambizioso ma realistico – conclude Nardone – che può essere prodotto dove è più economico e nei luoghi giusti da individuare nelle aree interne. Il Sannio, già protagonista per la produzione di energie rinnovabili, ha già sperimentato negli anni scorsi un progetto innovativo ‘H2 Sannio’ con la realizzazione di prototipi di veicoli all’idrogeno, con la supervisione scientifica del prof. Domenico Villacci, è pertanto il candidato naturale per un grande Polo di produzione e distribuzione di idrogeno pulito”.