Il protrarsi della pandemia da Covid-19 ha fatto emergere a livello sociale e giuridico un paio di fenomeni che hanno modificato la percezione collettiva del rapporto tra individuo e Stato.
Da un parte, l’emergere di una frangia non molto numerosa ma decisamente molto rumorosa, che è stata etichettata come no wax o no green pass, che contesta tutti gli obblighi, le regole e restrizioni imposte dalla necessità di contenimento del virus.
Si tratta di meno del 10% della popolazione ma, con qualche manifestazione di piazza e soprattutto con l’uso martellante dei social media è riuscita ad ottenere una visibilità decisamente superiore alla sua rappresentanza numerica. Indifferenti ai morti, agli ammalati, agli ospedali che si riempivano, hanno farcito il web con rappresentazioni “alternative” della realtà, spesso senza timore di cadere nel ridicolo, imperniate sulla sfiducia nei confronti dei vaccini e dell’intero sistema sanitario, politico e mediatico (considerati quasi sempre al servizio degli interessi di big pharma).
Il loro chiodo fisso, la esaltazione della libertà individuale contrapposta al potere coercitivo dello Stato, considerato illegittimo (e magari anche oligarchico, mafioso, diabolico). E’ pur vero che una certa percentuali di contestatori dell’autorità costituita è presente in tutte le società di tutti i tempi, qui la novità è stata la forza catalizzante dei social network che ha permesso la creazione di una vera e propria cultura alternativa a quella ufficiale, non priva, ovviamente, di incongruenze, contraddizioni, falsificazioni, a volte persino farneticazioni antiscientifiche.