Dieci anni dopo le stragi jihadiste, torna a crescere in Italia la paura verso l’islam. Lo ha confermato la rilevazione uscita a fine novembre di Swg, secondo cui il 67% degli italiani ha «una propensione a demonizzare» la comunità musulmana, mentre solo il 33% ha una posizione di apertura e integrazione. Una spaccatura netta, due italiani contro uno, che fa tornare la “forbice” sul tema dentro l’opinione pubblica a livelli non distanti dal biennio 2014-2015, quando gli attentati stile Charlie Hebdo e Bataclan in terra francese provocarono chiusure e tensioni anche in casa nostra.
«L’islamofobia è un fenomeno nato in Europa, del tutto irrazionale – spiega il presidente dell’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche italiane, Yassine Lafram(sopra, in foto) -. C’è l’islamofobia popolare, delle persone e delle masse, e poi c’è quella che chiamo l’islamofobia della cravatta, delle istituzioni, che punta a isolarci. La nostra paura è che l’islamofobia istituzionale stia contagiando sempre di più l’opinione pubblica».
Intanto l’argomento “islam” è scomparso dal dibattito. È passata del tutto sotto silenzio, ad esempio, la notizia delle dimissioni di massa del Consiglio per le relazioni con l’islam italiano, avvenute a fine ottobre, con lettera indirizzata al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. «Con vivo rincrescimento – si leggeva nella missiva – rassegniamo le nostre dimissioni da un organismo ormai pletorico, privato di ogni strumento operativo e con ogni evidenza giudicato non rilevante per la definizione di orientamenti e politiche». Una sola convocazione negli ultimi due anni, a metà luglio del 2023, nessuna iniziativa presa e la decisione di chiudere con questa esperienza, da parte del Consiglio, presieduto dal professor Paolo Naso e che annoverava tra gli altri esperti del dialogo con l’islam come il professor Stefano Allievi.
Si è trattato di una svolta non di poco conto, che ha chiuso definitivamente il percorso iniziato nel 2004 con l’allora ministro dell’Interno di Forza Italia, Giuseppe Pisanu, esponente del governo Berlusconi, concretizzatosi nel 2017 durante i governi di centrosinistra con la sigla del “Patto per un islam italiano” e che aveva come obiettivo finale il riconoscimento delle comunità e l’eventuale sottoscrizione di intese con lo Stato italiano. «Al momento non abbiamo rapporti con le istituzioni e con il governo» dichiara Lafram, da molti anni anche imam nella città di Bologna e punto di riferimento per il dialogo interreligioso cittadino. «Noi musulmani siamo 3 milioni di persone in Italia. I nostri ragazzi frequentano le scuole e le piazze, il nostro contributo in termini di occupazione e creazione di ricchezza è ben visibile. Collaboriamo con profitto con Comuni, enti locali, parrocchie, società civile. Siamo tutt’altro che invisibili, insomma».
Quel che lamentano semmai le comunità islamiche è il deterioramento della situazione in determinati contesti. «L’islamofobia incide sulla vita delle persone: i contratti d’affitto saltano all’ultimo, quando si viene a sapere che a essere interessata è una famiglia islamica. Per non parlare del mercato del lavoro… Le nostre seconde generazioni si sentono italianissime, eppure quando presentano un curriculum vitae per lavorare in un luogo pubblico, ad esempio le reception d’albergo, si sentono rifiutare il posto. Giudicano il fazzoletto sui capelli, ma hanno il velo sugli occhi» riferisce Yassine Lafram.
Quel che si vede, da questa prospettiva, è dunque la silenziosa penetrazione nel linguaggio pubblico di atteggiamenti discriminatori, che partono dallo sdoganamento di messaggi d’odio: insulti, minacce, riferimenti alla provenienza religiosa delle persone, istigazione alla violenza. «C’è chi ha evocato la possibilità di spararci in bocca – ripete l’imam di Bologna -e questo ha fatto grande scalpore dentro le nostre comunità. I leoni da tastiera ci sono sempre stati, ma non avevano il coraggio di metterci la faccia. Adesso cercano il talk show preferito o vanno sui social per aggredirci verbalmente».
La scelta di molti è già stata quella di emigrare, in direzione soprattutto del Regno Unito, ritenuto ancora culla del diritto per le minoranze. Quanto all’Italia, il vero spettro adesso è molto più dell’isolamento. È la ghettizzazione, anticamera del risentimento sociale.
I mussulmani presenti in Italia sono liberissimi di andarsene, se non si trovano bene, e possono portarsi dietro anche i figli nati in Italia. nessuno li costringe a rimanere nel Belpaese, se pensano di essere oggetto di discriminazioni. Dovrebbero ringraziare il popolo italiano, che li tollera molto meglio di quanto sono tollerati i cristiani in nazioni islamiche, perseguitati e massacrati orribilmente in nome di Allah.
La percezione degli italiani nei confronti dei mussulmani è più che negativa. Si ha la sensazione che vogliano imporre la loro religione al posto della Legge, nonostante sia proprio la Costituzione a definire l’Italia come un paese “laico”. Al più, è anche una questione visiva, che diventa sempre più “fastidiosa”. Gli italiani, in molti luoghi, non si sentono nemmeno più ” a casa propria”, vedendo la moltitudine di stranieri che mantengono i loro usi ma soprattutto costumi, un “pugno nell’occhio” nella normalità occidentale classica.
Senza contare le dichiarazioni allucinanti di personaggi molto discutibili come il deputato Abubakar Soumahoro (sopra, in foto) che su Instagram ha annunciato di aver depositato una proposta di legge ad hoc. “Vorrei augurare dal profondo del cuore Eid Al Fitr Mubarak (Buona festa) a tutte le sorelle e a tutti i fratelli musulmani in Italia e nel mondo” scrive il deputato. “Colgo l’occasione per comunicare che ho presentato una proposta di legge per rendere festivo il giorno dopo la fine del Ramadan, la festa di Eid Al Fit”.
“Oltre a rispettare i principi della laicità dello Stato e della pluralità religiosa previsti dalla Costituzione” spiega il parlamentare nel suo post, “credo che questo sia un modo concreto per riconoscere, aggiornare, adattare e armonizzare le leggi del nostro Paese con la realtà attuale e rinnovata”. Infatti, argomenta Soumahoro, “l’Italia è cambiata, arricchendosi di pluralità, anche dal punto di vista religioso. Oggi continua -, l’Islam è la seconda religione più diffusa. Il nostro Paese è la terza nazione nell’Unione Europea, dopo Germania e Francia, per presenza di persone della comunità di fede musulmana. Viva l’Italia Plurale!”. Un’iniziativa, quella del deputato del gruppo misto, ma eletto nelle file di Alleanza Verdi e Sinistra, che ha fatto discutere non poco. Sembra quindi che l’Islam sia portatore di polemiche e causa di squilibri sociali anziché foriero di progresso e civiltà.
Cosa accadrà in futuro? Migliaia di anni ci hanno insegnato che Europa e Islam sono stati nemici, tentando di invadersi l’un l’altro col sangue, ma adesso sembra che ci invadano usando mezzi diversi, parafrasando le recenti dichiarazioni al vetriolo fatte da Vittorio Feltri(sopra, in foto). Che diciamolo, ha torto, usa toni volgari e violenti. Quello che resta da chiarire è: può l’Islam adeguarsi all’Occidente o il contrario? Se in democrazia vince la maggioranza, dobbiamo preoccuparci che il loro aumento determini un giorno non lontano, dato il loro aumento, uno stravolgimento della società come la conosciamo oggi? E ancora, un mussulmano sarà fedele alla Costituzione o al Corano?
Sono questi interrogativi che ai governanti non interessano. I politici, si sa, non sono lungimiranti, gli basta avere la pagnotta di lusso e lasciare che la barca vada.
Ma dove?
Lungi dal sottoscritto alcun pensiero razzista e/o discriminatorio. Siamo tutti figli delle stelle, fatti della stessa materia. La Libertà è sacra, diceva una mia zia, purché non diventi una limitazione della libertà altrui.
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(Fonti: L’Avvenire, Today.it)