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Giornata mondiale della disabilità.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), 1,3 miliardi di persone nel mondo (il 16% della popolazione globale) sono in condizione di disabilità; tra loro, in base ai dati dell’Unicef, ci sono quasi 240 milioni di bambini e bambine con una qualche forma di disabilità. 

In Italia, secondo i dati dell’Istat, oltre 3 milioni di persone convivono con gravi limitazioni che impediscono loro di svolgere le abituali attività quotidiane, come lavarsi, vestirsi, fare la spesa, prendere le medicine, preparare i pasti. A loro si aggiungono altri 10 milioni di italiani che hanno limitazioni «non gravi» nelle attività svolte abitualmente.

Accendere i riflettori sul diritto delle persone con disabilità a vivere la loro vita al pari degli altri, in linea con la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ratificata nel nostro Paese nel 2009, è l’obiettivo della Giornata internazionale delle persone con disabilità, che ricorre il 3 dicembre. Quest’anno il tema scelto dalle Nazioni Unite è «Amplificare la leadership delle persone con disabilità per un futuro inclusivo e sostenibile», all’insegna dello slogan del movimento mondiale per i diritti delle persone con disabilità ovvero «Niente su di noi senza di noi».

La disabilità non è una caratteristica dell’individuo ma una condizione, permanente o temporanea che ognuno di noi può sperimentare nel corso della vita. Anche io ne soffro.

Come recita l’art. 1 della Convenzione Onu: «Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri».

In effetti, è l’ambiente che rende «disabili»: se l’ambiente è sfavorevole ovvero limita le proprie capacità funzionali e di partecipazione sociale, crea una condizione di disabilità. Ciò implica che si può intervenire per rimuovere le barriere fisiche e culturali che impediscono alle persone di vivere la loro vita al pari degli altri. Per il sottoscritto salire le scale equivale a scalare l’Everest, una impresa impossibile.

In occasione della giornata mondiale, Cbm Italia mette a disposizione di tutti la «Convenzione sui diritti delle persone con disabilità – versione commentata» realizzata col contributo della Lega per i diritti delle persone con disabilità (Ledha): nel libretto, oltre al testo integrale della Convenzione, si trova il commento ai principali articoli, quali il diritto ad accedere alla salute, all’educazione, al lavoro, ad avere una vita il più possibile autonoma

La mia esperienza personale

Ero bambino e avevo già problemi di disabilità. Ricordo un mio compagno di classe, in prima media, Andrea S., che si divertiva cn la sua piccola malignità a chiamarmi “handicappato” tutti i giorni. Avevo 10 anni, e sentire offese per qualcosa di cui non si è responsabili fa sentire davvero male ne profondo dell’anima.

Al liceo già soffrivo di diabete, ed ero soggetto a copiosa sudorazione anche da fermo, persino in inverno. Avevo un compagno di classe ebreo che si divertiva a chiamarmi “sudasugna, palla di lardo” certo di poterlo fare perché si sentiva superiore. Posso vantarmi di essere l’unico italiano preso in giro da un ebreo.

Col tempo, la mia condizione fisica è andata peggiorando sempre più, aggravandosi poi con incidenti domestici e non che mi hanno limitato nei movimenti, nel vivere quotidiano, richiedendo assistenza anche per cose che per altri sono azioni “scontate”. Collaboro con la redazione di AslimItaly da “remoto”, perché non avrei la forza di recarmi in redazione. Mi accompagno con un bastone classico, trovando le ordinarie stampelle ancora più faticose da utilizzare. Per salire e scendere dal letto provo dolore, così come sedermi e alzarmi. Affetto anche da obesità genetica e sistema linfatico difettoso; non solo, le gambe non mi aiutano di certo, e so che tra non molto rimarrò su due ruote, anzi, due grandi e due piccole. Mi resta la mente, che pure ferita da tanti strali ricevuti in questa vita, non si arrende. Lo spirito resta integro, seppur ferito dal mondo circostante. Mi duole dipendere dagli altri, e ormai sono abituato a dire “chiedo scusa” e “Grazie” quando vengo aiutato da anime gentili.

La disabilità non si può curare in molti casi, ma basta la Gentilezza per alleviare questa triste condizione. Basta l’Umanità.

(Fonte: Corriere della Sera)

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