La Corte di assise di Milano ha condannato all’ergastolo Alessandro Impagnatiello, il 31enne imputato per l’omicidio pluriaggravato della fidanzata al settimo mese di gravidanza Giulia Tramontano, uccisa la sera del 27 maggio 2023 a Senago (Milano). È stata esclusa l’aggravante dei futili motivi mentre hanno retto quella della premeditazione e della crudeltà.
L’ex bartender era presente in aula, non ha reso dichiarazioni spontanee. I familiari di Giulia Tramontano, tra cui la madre Loredana Femiano, il padre Franco, la sorella Chiara e il fratello Mario, presenti per la lettura del verdetto.
I funzionari e i cancellieri del Tribunale di Milano hanno portato in aula un sacchetto con scritto “Un pensiero per Giulia e il suo bimbo mainato”. “Si tratta di una pianta di rose bianche – hanno detto – la daremo alla mamma”.
Il processo a Impagnatiello è durato 10 mesi, durante i quali ci sono state 13 udienze. Un amarissimo percorso, specie per i parenti, la sorella e i genitori di Giulia, profondamente provati dal rivedere in aula le fasi dell’assassinio e le modalità dell’omicidio.
La sorella Chiara: “oggi giustizia ma la nostra vita è finita”
“Giulia era una donna coraggiosa, che ha cercato la verità a costo della morte. La sentenza di oggi per noi non rappresenta niente, perché la nostra vita è finita tempo fa. Ma il verdetto potrebbe essere importante per le nuove generazioni e per l’Italia intera. Un Paese ancora pervaso dal maschilismo, che ha paura delle donne“. Così, in un’intervista di Repubblica, Chiara Tramontano che ha aggiunto: “L’Italia ha paura delle donne. Il motivo? Credo che, laddove ci sia una persona indipendente, forte e determinata, invece che esaltarla ne siamo spaventati. Siamo abituati da sempre a un Paese guidato da uomini in cui soltanto gli uomini hanno l’ultima parola. Il fatto che una donna possa dimostrarsi alla pari di un uomo è una bomba che potrebbe esplodere da un momento all’altro. E poi una mentalità che purtroppo abbiamo, e che hanno soprattutto gli uomini, è questa: se una donna è determinata, diventa una persona alla quale bisogna porre dei limiti“.
Sono 104 le fonti di prova – verbali di persone informate sui fatti, informative dei carabinieri, copie forensi di cellulari e hard disk, consulenze medico-legali, cartelle cliniche, DVD, chat via WhatsApp – raccolte e depositate dai pubblici ministeri in meno di 6 mesi di indagini con il Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano e i carabinieri di Senago. Sono iniziate il giorno dopo quella che, per 72-96 ore, è sembrata la ‘scomparsa’ della 29enne agente immobiliare originaria di Sant’Antimo.
Impagnatiello si trova in carcere dall’1 giugno 2023 quando è stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto, poi convalidato dal gip che ha disposto la custodia cautelare in carcere. La pm Alessia Menegazzo e l’aggiunto Letizia Mannella hanno chiesto e ottenuto il rito immediato. Il 31enne ha cambiato vari legali ed è difeso dalle avvocate Giulia Geradini e Samanta Barbaglia.
Il triplice movente che ha mosso l’assassinio
Per l’accusa è questo il triplice movente: il bimbo (che non vuole), la carriera e la libertà con l’altra donna. Come triplice è il profilo psichiatrico tracciato dalla perizia e dai pm che parlano di “triade oscura”: “psicopatia”, “narcisismo “ e il “machiavellismo” di chi ha la “capacità di mentire e manipolare”. Per l’avvocato Giovanni Cacciapuoti che assiste la famiglia Tramontano, costituita parte civile, c’è un quarto movente: economico. Scoperto nel suo tradimento con la compagna incinta avrebbe dovuto sborsare denaro per aiutare Giulia – che lo stava lasciando – e il figlio. Con alle spalle già una relazione saltata e un figlio di pochi anni a cui versare un assegno mensile.
“Sono sconvolto e perso. Anche se sono qui non vuol dire che sono vivo. Ho distrutto la vita di Giulia e del figlio che aspettavamo’. Sono le dichiarazioni spontanee rese da Impagnatiello alla prima udienza del processo interrotte da lacrime e singhiozzi. Franco e Chiara Tramontano, padre e sorella della vittima, abbandonano la Corte d’assise di Milano. Risponderanno fuori dal tribunale: ‘Non hai diritto a pronunciare, invocare o pensare a Giulia e Thiago – tuona la sorella – Dopo averli uccisi barbaramente meriti di svegliarti ogni giorno in galera ripensando a ciò che hai fatto e provando ribrezzo per te stesso’. ‘Ogni sera mi addormento sperando di non svegliarmi più al mattino. Sto sentendo cosa significa perdere un figlio”.
Un omicidio premeditato, inizialmente non riuscito col veleno, poi le innumerevole coltellate.
Quando sente il verdetto, è impassibile.
Donna Vita Libertà.