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Giornata mondiale del gatto nero(miao!)

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Oggi si celebra la Giornata del gatto nero, occasione per riflettere sulle superstizioni che circondano questi felini, simboli di eleganza, indipendenza e anche di paura. Convinzioni popolari che nascono da storie antiche, fraintendimenti e, in molti casi, vere e proprie leggende, tutte da sfatare in questo nuovo millennio.

Il gatto nero sarebbe un segno di malasorte, capace di rovinare la giornata a chiunque lo incroci. Ma da dove nasce questa superstizione? La storia risale al Medioevo, quando si pensava che i gatti neri fossero “alleati” delle streghe . Erano visti come “familiari” delle streghe o addirittura trasformazioni di streghe stesse. La verità? Un gatto nero non è più portatore di sfortuna di quanto lo possa essere un gatto bianco o di altro colore. In alcune culture, come quella giapponese, è addirittura considerato un portafortuna.

Si è soliti ritenere che se un gatto nero ti appare improvvisamente davanti, la morte è vicina. Eppure, questo è solo un falso mito. Le origini di questa superstizione affondano ovviamente nelle paure legate alla morte e all’ignoto. Ma i gatti, neri o no, sono semplicemente animali curiosi che amano esplorare e che non hanno alcun potere soprannaturale, e vedendoci meglio di noi al buio non si fanno problemi ad attraversare una strada poco illuminata. Niente di più. Forse il loro mimetismo notturno fa risaltare ancor di più i loro occhi, ecco.

Il gatto nero è stato spesso considerato come il simbolo del male, associato a stregoneria e forze oscure e malvagie. Ma la realtà è ben diversa. I gatti, in genere, sono animali indipendenti e misteriosi, e il loro colore ne esalta la bellezza, ma questo non vuol dire che non possano anche essere meno affettuosi o dolci di altri. Non esistono prove scientifiche che dimostrino che il colore del pelo influisca sul comportamento di un gatto e la sua personalità dipenderà da molteplici fattori, come l’ambiente, l’educazione ricevuta e le esperienze personali. Io stesso ho avuto un gatto nero, Cagliostro, dolcissimo e tenero, intelligente e vivace, ma non cattivo.

Questa sciocca superstizione risale ai tempi dell’Inquisizione, quando la paura delle streghe e delle pratiche occulte raggiunse il culmine. Si credeva che le streghe, durante la loro attività magica, avessero come “familiari” dei gatti neri che li aiutavano nei loro incantesimi. Tuttavia, il legame tra gatti e magia è solo una costruzione culturale. Chi ha visto il film( tratto dall’omonimo romanzo di U. Eco) “Il nome della rosa” ricorderà la scena in cui l’inquisitore esibiva un gatto nero come prova di stregoneria.

Spesso si pensa che i gatti neri siano particolarmente solitari. Eppure, come tutti i gatti, anche i mici neri possono essere animali molto socievoli. Alcuni amano l’affetto umano e cercano la compagnia di altri gatti o di altri animali. Ogni gatto ha una personalità unica, indipendentemente dal colore del suo pelo. Il problema è che, come accade anche per i cani, ancora troppo spesso viene considerato meno desiderabile per l’adozione rispetto ad altri più colorati. Sembra assurdo, ma è un caso di “razzismo animale”.

Un’altra infondata credenza diffusa è che i gatti neri siano più aggressivi o pericolosi rispetto agli altri. In realtà non esiste alcuna evidenza che i gatti neri siano più inclini alla rabbia o all’aggressività. Al contrario, sono i gatti rossi ad essere portatori di un “gene vichingo” che li porterebbe a essere più inclini alle lotte. Infatti adesso ho con me un gatto rosso, Garfield, tenero e dolce, ma cacciatore crudele e selvaggio. Le superstizioni legate alla pericolosità dei gatti neri nascono da una visione distorta e irrazionale che non ha fondamento nella realtà.

E’ un peccato che i gatti neri siano meno adottati rispetto agli altri. Purtroppo, il loro aspetto ha spesso contribuito a rafforzare l’oscura superstizione che li circonda. Se volete adottare un gatto, scegliere un felino nero potrebbe essere un’ottima decisione: oltre a sfatare i miti, contribuirete a combattere le discriminazioni basate solo sull’aspetto. E vi garantisco che indipendentemente dal colore, se sarete gentili con lui, lui saprà ricambiare con dolcezza.

E per chi non la conoscesse, ecco una poesia che merita di essere letta.

Charles Baudelaire – Il gatto

Vieni, mio bel gatto, sul mio cuore innamorato;
ritira le unghie nelle zampe,
lasciami sprofondare nei tuoi occhi
in cui l’agata si mescola al metallo.

Quando le mie dita carezzano a piacere
la tua testa e il tuo dorso elastico e la mia mano
s’inebria del piacere di palpare il tuo corpo elettrizzato,
vedo in ispirito la mia donna.

Il suo sguardo, profondo e freddo come il tuo, amabile bestia,
taglia e fende simile a un dardo, e dai piedi alla testa
un’aria sottile, un temibile profumo
ondeggiano intorno al suo corpo bruno.

In un’altra Baudelaire afferma che le pupille dei gatti sono mistiche: come dargli torto?

I fervidi innamorati e gli austeri dotti amano ugualmente,
nella loro età matura, i gatti possenti e dolci, orgoglio
della casa, come loro freddolosi e sedentari.

Amici della scienza e della voluttà, ricercano il silenzio e
l’orrore delle tenebre; l’Erebo li avrebbe presi per funebri
corsieri se mai avesse potuto piegare al servaggio la loro fierezza.

Prendono, meditando, i nobili atteggiamenti delle grandi
sfingi allungate in fondo a solitudini, che sembrano
addormirsi in un sogno senza fine:

le loro reni feconde sono piene di magiche scintille e di
frammenti aurei; come sabbia fine scintillano vagamente
le loro pupille mistiche.

Baudelaire torna sul tema degli occhi dei gatti, definendoli “viventi opali”, ma si sofferma anche su altri aspetti della bellezza felina, tanto da arrivare a definire il gatto come un dio che “giudica, governa e ispira ogni cosa nel suo impero”.

Che dolce profumo esala da quel pelo
biondo e bruno! Com’ero tutto profumato
una sera che l’accarezzai
una volta, una soltanto!

È lui il mio genio tutelare!
Giudica, governa e ispira
ogni cosa nel suo impero;
è una fata? O forse un dio?

Quando i miei occhi, attratti
come da calamita, dolci si volgono
a quel gatto che amo
e guardo poi in me stesso,

che meraviglia il fuoco
di quelle pallide pupille,
di quei chiari fanali, di quei viventi opali
che fissi mi contemplano!

Meravigliosa, non trovate?

(Fonte: La Repubblica)

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