Il vicepresidente del Csm tenta di ricucire lo strappo con le toghe del Consiglio dopo il caso dell’incontro con la premier Giorgia Meloni a Palazzo Chigi.
Tanto che proprio da fonti dell’organo di autogoverno dei magistrati arriva la sottolineatura che in quell’incontro la presidente del Consiglio avrebbe ribadito “la fiducia nella magistratura” e non sarebbe “in alcun modo interessata alle polemiche”.
Ma sulle prove di disgelo con il governo piove un’altra pesante accusa, stavolta dal ministro Carlo Nordio. Il Guardasigilli chiede alla magistratura di “fare un passo indietro” di fronte alle continue “critiche” dei provvedimenti del governo attraverso sentenze come quelle recenti in tema di immigrazione, che di fatto bocciano il decreto sui Paesi sicuri. Netta la replica dell’Anm: “Da parte nostra non si può arretrare nell’esercizio della professione. Si fanno provvedimenti che hanno una motivazione solida e argomentata, che possono essere impugnati o contestati e ci sono i luoghi opportuni dove farlo” replica il presidente del sindacato Giuseppe Santalucia che poi risponde anche alle accuse del vicepremier Matteo Salvini dopo la decisione del giudice di Catania di non convalidare il trattenimento di un migrante egiziano: “Non si gridi al comunismo ogni qual volta un tribunale afferma qualcosa che non piace”.
Nulla di fatto, dunque. La riconciliazione tra giudici ed esecutivo resta lontana. Nelle sue riflessioni pubbliche al salone della Giustizia, Nordio parte da un passato di berlusconiana memoria per denunciare una sorta di invasione di campo: “Vi è stata una seconda fase di ‘Mani pulite’ in cui, per una retrocessione della politica, la magistratura ha di fatto occupato questo posto e da quel momento molte decisioni politiche sono state influenzate dalla magistratura, che si è permessa di criticare le leggi. In un Pase ideale i magistrati non dovrebbero criticare la legge e i politici non dovrebbero criticare le sentenze. Ma dopo ‘Mani pulite’ questa situazione si è capovolta. Ora bisognerebbe capire chi per primo debba fare un passo indietro, ma visto che questa esondazione è partita dalla magistratura sarebbero loro a doverlo fare”. Poi, in tema di riforme, avverte: “la separazione delle carriere è inevitabile, altrimenti il sistema si inceppa così come è successo a noi”, sostiene il ministro precisando che comunque il governo “non si sente affatto accerchiato dai giudici”.
E sul caso delle visita di Pinelli a Giorgia Meloni sdrammatizza: “Credo sia perfettamente normale che vi sia questa interlocuzione che non vulnera nessuna prassi o legge dello Stato”. Quanto all’ipotesi di un’irritazione del Quirinale per l’incontro tra la premier e Pinelli – una vicenda di cui tuttora il presidente Mattarella, impegnato nel suo viaggio in Cina, segue gli sviluppi – Nordio si dice scettico e spiega di aver anche lui incontrato il vicepresidente nelle ultime ore: “l’interlocuzione è periodica”.
L’incontro tra i due c’è stato dunque dopo la visita di Palazzo Chigi e potrebbe essere stato alla base del cambio di strategia di Pinelli, portando a un’apertura del penalista padovano nei confronti dei tredici togati del Csm (più un laico) che chiedevano chiarimenti. Se la risposta fino a ieri era stata esclusa, oggi il vice presidente del Csm con una mail si è detto infatti disponibile a parlare dei contenuti di quell’incontro con la premier assicurando ai magistrati: “le mie porte sono sempre aperte per ciascuno di voi”.
La malagiustizia esiste, è una realtà squisitamente italiana.