Un mare di dati che fluiscono nel web. E non solo il fantomatico “dossieraggio” su politici e affaristi.
L’Italia è al 5° posto per furto di email e password online ed è al 7° posto per numero di indirizzi email compromessi. E per quanto riguarda i dati frodati delle carte di credito in circolazione, l’Italia è infine al 18° posto nella classifica mondiale. Percentuali che fanno riflettere, date anche le evidenze dell’inchiesta della Dia di Milano che ha scoperchiato un vaso di Pandora di dossier e dati rubati.
Nel primo semestre del 2024 è aumentato del 10% il numero di allarmi relativi al rischio che i propri dati finiscano in mano a criminali informatici e, in particolare, nel famigerato dark web, quella zona oscura in cui le potenzialità del web sono sfruttate esclusivamente a scopi illegali. In sintesi, questi recenti dati che arrivano dall’Osservatorio Cyber del Crif, che analizza la vulnerabilità degli utenti e delle aziende agli attacchi informatici, ci avvisano che siamo tutti esposti ai rischi correlati alla circolazione online dei nostri dati personali. Nel 2023 gli investimenti nella cybersecurity sono cresciuti del 12,4% arrivando a 1,8 miliardi di euro, eppure la Corte dei Conti Europea, settimane fa, aveva messo nero su bianco le sue perplessità sull’operato dell’Italia nella sicurezza informatica: per una gestione efficace dei rischi informatici “non è sufficiente analizzarne l’impatto” era stato il verdetto, ed ecco l’invito al nostro Paese di lavorare su «azioni concrete per l’implementazione di politiche e procedure di sicurezza, per la gestione degli incidenti, per le procedure di test, per l’efficacia delle misure adottate, la formazione del personale». E’ necessario crescere in protocolli di prevenzione, ma soprattutto in formazione all’università e non solo, tenendo conto della sfera privata: «Bisogna prestare particolare attenzione alle email e ai messaggi che riceviamo ogni giorno, allenandosi a riconoscere i tentativi di truffe e phishing. È importante non cliccare sui link contenuti nelle email o negli SMS sospetti e, soprattutto, non rispondere fornendo dati personali a messaggi apparentemente inviati dalla nostra banca o da un’altra azienda, controllando sempre il numero di telefono o l’indirizzo email del mittente», ha dichiarato Beatrice Rubini( sotto, in foto), Executive Director del Crif.
Le informazioni ritenute particolarmente sensibili sono, ad esempio, la data di nascita, il codice fiscale, l’indirizzo di residenza, gli account nei social media e il numero di telefono, diventato un dato personale sempre più prezioso e da tutelare maggiormente. Che cosa può accadere in caso di un accesso non autorizzato alla nostra posta elettronica? Tra i dati, ad esempio, potrebbero esserci anche le credenziali dei nostri account personali o aziendali, che usiamo per accedere a servizi online come l’home banking, sempre più diffuso in alternativa al classico sportello fisico in banca. Poi c’è il rischio spam, vale a dire che le nostre informazioni rischiano di essere usate per l’invio di email ingannevoli tese a ottenere ulteriori informazioni personali o credenziali di accesso. O anche Malware, con il rischio di essere vittime di ricatti con ostaggio proprio i nostri dati divenuti impossibili da consultare.
Come fare? Alcune soluzioni
Ad esempio, le impronte digitali o le scansioni facciali sul computer o sullo smartphone sono più sicure rispetto ai codici di accesso che possono essere facilmente reperiti e offrono agli aggressori maggiori opportunità di compromettere i nostri dispositivi.
Vitale utilizzare l’autenticazione a più fattori (MFA) ogni volta che è possibile, poiché fornisce un elevato livello di sicurezza che rende più difficile l’accesso ai propri account da parte di hacker e criminali informatici.
E infine, bisogna stare attenti a non cadere in errori banali come condividere pubblicamente informazioni personali, anche in modo ingenuo, come foto. magari in post pubblici sui social media, oppure in sondaggi su Facebook. «Bisogna mantenere alta l’attenzione ogni qualvolta veniamo invitati a fornire dati personali e adottare strumenti di protezione», è il consiglio di Beatrice Rubini del Crif.
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(Fonte: Avvenire)