Terzo attentato a un locale pubblico nella città tedesca di Colonia in un mese. La cosiddetta “mocro mafia” sta conquistando la Germania del Nord. Abbiamo chiesto, su questi ultimi avvenimenti, un’opinione al criminologo Vincenzo Musacchio.
In questi giorni nei Paesi Bassi si è riaperto un dibattito sulla pericolosità della cd. macro mafia sollecitato anche dal processo in corso nel quale gli imputati sono elementi di spicco dell’organizzazione criminale. Tra gli imputati c’è il capomafia indiscusso, Ridouan Taghi, quarantatré anni, olandese di origini marocchine, arrestato a Dubai nel 2019 e ora detenuto nel carcere speciale di Nieuw Vosseveld a Vught. Gli imputati sono accusati di molteplici reati connessi al traffico di stupefacenti commessi a Rotterdam, nei Paesi Bassi, e Anversa, in Belgio. Tutti siti portuali dove avviene lo snodo per i carichi in arrivo da Sudamerica e Africa. Per quanto riguarda la Germania, l’interesse è concentrato, senza dubbio, nella circoscrizione del porto di Amburgo, altro crocevia strategico del traffico e del commercio di stupefacenti nell’Unione europea.
Macromafia
Il termine, coniato dai media olandesi, si riferisce a diverse cosche criminali attive da decenni, principalmente nei Paesi Bassi e in Belgio. La parola “mocro” deriva da un termine olandese per indicare le persone di origine marocchina. Nell’organizzazione criminale, tuttavia, sono attivi anche nativi olandesi e altre nazionalità anche non africane. Questo è uno dei motivi per cui il termine è fuorviante. Si critica anche il fatto che il termine mafia possa attribuire a quest’organizzazione un potenziale maggiore di quello che ha in realtà. Analizzando i fatti e soprattutto le recenti evoluzioni di quest’organizzazione criminale, ci rendiamo conto invece che definirla mafia non è per nulla inappropriato.