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Giornata mondiale dell’alimentazione

Ogni giorno, il nostro pianeta deve produrre 19,5 trilioni di calorie per garantire una dieta sana e corretta a 8 miliardi di persone. Nel 2050, quando la popolazione mondiale raggiungerà i 9,7 miliardi(salvo pandemie disastri e guerre), serviranno circa 24,5 trilioni di calorie. A queste cifre vanno aggiunte le calorie perse lungo il processo produttivo, quelle che sprechiamo come consumatori e quelle consumate in abbondanza dagli animali, sia da allevamento, sia domestici d’affezione che selvatici. È una quantità immensa di energia organica che dobbiamo estrarre dalla Terra, un pianeta con capacità produttive limitate. Abbiamo davvero un serio problema di produttività.

E’ questa una premessa da tenere in considerazione.

Oggi si celebra la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, istituita per commemorare la fondazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO). La sicurezza della disponibilità alimentare è la condizione in cui tutte le persone, in ogni momento, hanno accesso sia fisico ed economico a cibo sufficiente, sicuro nella sua composizione e nutriente per il proprio organismo, che possa soddisfare le esigenze dietetiche e le preferenze alimentari per condurre una vita sana e attiva. Stando all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), un’alimentazione sana è un diritto umano al pari del diritto alla salute. Un’alimentazione corretta è varia, equilibrata nell’apporto energetico e soddisfa il fabbisogno di nutrienti. Il cibo è vita.

Grazie ai progressi degli ultimi decenni, diamo per scontata la sicurezza alimentare, in particolar modo qui in Occidente, dove viviamo nella sovrabbondanza calorica. Il problema è che questa tendenza positiva sembra rallentare, colpendo proprio l’Occidente. Ci sono infatti due problemi interconnessi in un circolo vizioso: uno di domanda e uno di offerta.

La domanda alimentare aumenta con la crescita demografica, ma non sempre le persone possono accedere ad una alimentazione sana e corretta. Oltre 2,8 miliardi di individui non possono permettersi un’alimentazione adeguata e 733 milioni soffrono la fame. Dove gli alimenti sono disponibili, è il prezzo a limitarne l’acquisto, come dimostra l’Indice FAO dei prezzi alimentari. Questo fenomeno riguarda anche l’Europa e l’Italia, dove all’aumento dei prezzi aumenta povertà. Nell’ultimo anno, l’incidenza della povertà assoluta è salita dal 7,7% all’8,5% della popolazione, interessando 5,7 milioni di persone. Nel 2022, il 7,5% degli italiani non poteva permettersi un pasto proteico ogni due giorni, mentre il 15,5% della popolazione a rischio povertà non poteva permettersi un pasto adeguato (dati Eurostat).

Il secondo problema riguarda l’offerta, che non è più ricca come prima. Secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA), per molte materie prime come mais, riso e soia, il 2024 sarà un anno di grande crescita. Non sarà così però per sorgo e miglio, cereali particolarmente importanti nell’Africa subsahariana. Lo stesso vale per gli oli vegetali quali colza, girasole, palma, soia, che sono fondamentali fonti di grassi. Ne servirebbero 270 milioni di tonnellate entro il 2050, un miraggio data la produttività attuale.

Il prezzo del cacao ha raggiunto quasi 12.000 dollari la tonnellata a causa della scarsa produttività dovuta alla crisi climatica, a piante vecchie e a malattie nei paesi interessati. Possiamo fare a meno del cioccolato in una dieta bilanciata? Probabilmente sì. Ma non possiamo rinunciare all’olio d’oliva, la nostra “medicina mediterranea”. Nonostante una lieve ripresa rispetto al disastro degli anni scorsi – la Spagna dovrebbe raggiungere 1,3 milioni di tonnellate – l’Italia rimane ferma a 200.000 tonnellate, dietro a Turchia, Tunisia e Grecia. L’anno prossimo potrebbe andare meglio per noi, ma peggio per altri. Intanto in Italia un litro di olio di oliva non si trova ad un prezzo inferiore ai 10 euro. Il problema resta. In Sicilia, la produzione di arance sarà inferiore del 40-50% a causa della siccità e dell’incapacità di affrontare il problema. E si ricorre quindi all’importazione, senza garanzie sulla salubrità dei prodotti che entrano nel nostro Paese.

Questo non è un caso isolato, ma il sintomo evidente di una crisi più ampia che nessuno sembra voler affrontare seriamente. La crisi climatica, le complicazioni geopolitiche e socio-economiche e la limitata capacità produttiva sono tra i fattori che incidono fortemente e soprattutto negativamente sull’incertezza alimentare. Questi elementi sono interconnessi tra di loro e si influenzano a vicenda. Se i primi due sono complessi e richiedono tempo per essere risolti, la capacità produttiva può essere migliorata sin da subito, approntando approcci migliori.

E’ necessario rimboccarsi le maniche, visto che abbiamo la tecnica e la tecnologia per aumentare la produzione per ettaro. Possiamo fare di meglio investendo nell’innovazione dell’agricoltura e della zootecnia rigenerative. Significa produrre di più riducendo quindi l’impatto della presenza umana sull’ambiente.

Servono urgentemente politiche nazionali e internazionali che incentivino gli investimenti e favoriscano il commercio libero, evitando inutili boicottaggi di stampo protezionistico e svantaggi commerciali, come la guerra all’olio di palma, di cui abbiamo comunque bisogno. Allo stato attuale dei fatti, non possiamo permetterci né per fini commerciali né ideologici di boicottare alcun alimento che fornisce nutrienti fondamentali. Questa giornata celebrativa ci deve servire per superare la retorica e gli atteggiamenti sia emotivi che ideologici, dedicandoci pragmaticamente alla sfida della produttività. Senza questo impegno realistico, saremo costretti a vivere nell’incertezza.

È arrivato il momento di agire con ferma decisione e responsabilità collettiva. Solo grazie un approccio pragmatico e collaborativo possiamo garantire la sicurezza alimentare per tutti e preservare il nostro pianeta per le future generazioni.

Ma non solo. Cibi transgenici, cibi inquinati, cibi nuovi che hanno origine fantascientifica. Siamo assediati dal veleno, dalle microplastiche, dagli Pfas e da innumerevoli sostanze cancerogene e mutageniche. Dire “biologico” non vuol dire esente da contaminazioni pericolose, come radiazioni e metalli pesanti.

Ma è anche una questione di stile di vita.

Uno scienziato NASA anni fa mi disse “se fossimo tutti vegetariani, si potrebbero sfamare senza problemi anche 11 miliardi di persone”.

Considerando infatti, che per “produrre” un Kg di carne bovina sono necessari ettari da pascolo e decine di ettolitri per una singola mucca, se fossimo tutti consumatori regolari di carne, servirebbe un intero continente adibito a prateria.

Poi ci sono inganni e sottigliezze dei produttori, specialmente quelli “industriali”, anche di cibi “innocenti”.

Un mio amico mi ha portato dei chewing gum dagli States. Oltre gli ingredienti c’era scritto, microscopicamente :” contiene cibo bio-ingegnerizzato”.

Vedremo prossimamente quali saranno le mosse dell’Europa al riguardo, dove è stata legalizzata la produzione di farine da insetti.

(Fonte: Huff Post)

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