Ha ammesso di avere violato i server del ministero della Giustizia, Carmelo Miano, il 24enne siciliano originario di Sciacca, residente a Gela ma domiciliato a Roma a cui la Procura di Napoli (sostituti procuratori Claudio Orazio Onorati, Mariasofia Cozza e il coordinatore del pool reati informatici Vincenzo Piscitelli) contesta i reati di accesso abusivo aggravato a strutture informatiche e di diffusione di malware e programmi software, commessi in concorso.
Non solo: assistito dal suo legale, l’avvocato Gioacchino Genchi, ha reso noto di essere disposto a collaborare con gli inquirenti. Miano ha tuttavia negato che le sue incursioni informatiche abbiano arrecato dei danni ai sistemi informatici dello Stato. Il giovane ha anche ammesso di avere consultato le email di diversi magistrati tra Napoli, Roma, Gela e Brescia. L’avvocato dell’indagato ha chiesto che gli atti vengano trasmessi per competenza alla Procura di Perugia e ha elogiato l’attività investigativa del pool di pm partenopei che hanno indagato sul suo assistito evidenziando, allo stesso tempo l’effettiva fragilità dei sistemi informatici violati dal giovane hacker siculo.
L’avvocato Genchi ha chiesto al gip di Napoli che ha emesso l’arresto in carcere notificato a Miano dalla Polizia Postale l’attenuazione della misura cautelare del carcere richiedendo gli arresti domiciliari. Quanto al danneggiamento del sistema informatico, il difensore di Miano ha semplificato ricordando il caso di un imputato accusato di una presunta truffa all’assicurazione, per avere richiesto il risarcimento per l’ammaccatura di un paraurti di un tamponamento che poi si è accertato essere realmente avvenuto “anche se – ha sottolineato il legale – è poi emerso che il paraurti era già ammaccato e che per la sua riparazione l’infortunato era già stato risarcito da un’altra assicurazione: il sistema informatico che lui avrebbe danneggiato era già abbastanza disastrato di suo“, ha detto ancora Genchi. Circa l’eventualità che il 24enne sia entrato in contatto anche con presunti esponenti dei servizi segreti, l’avvocato ha replicato che il suo cliente è disposto a rispondere ai pm “su ogni altro aspetto delle indagini“.
E’ una vicenda questa che ha dell’incredibile. Sembra, per certi versi, la trama di un film americano dove un giovane ragazzo “sfonda” le barriere difensive dei sistemi informatici ritenuti inespugnabili, e si diverte a raccapezzare informazioni sensibili.
Quello che sconcerta è che un ragazzo qualsiasi in Sicilia sia stato capace di tanto. Non ci sarebbe da meravigliarsi se i fantomatici hacker russi(i più “tosti” al mondo) possano fare di peggio. E non dimentichiamoci di Walter Biot, che aveva “sgraffignato” dati della Nato in semplici schede Sd, condannato a 30 anni per spionaggio(vedi articoli precedenti in archivio).
La sicurezza informatica, sia quella privata che quella pubblica è a rischio, soprattutto con l’evoluzione dell’intelligenza artificiale.
E ripeto, la stupidità è prerogativa umana.