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L’Amazzonia brucia

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Lo stato brasiliano dell’Amazonas, la cui capitale Manaus continua a combattere con il fumo, ha registrato il peggiore agosto di sempre da quando, nel 1998, l’Istituto nazionale per la ricerca spaziale (Inpe) monitora gli incendi. Il programma BD Queimadas (dal portoghese “Incendi”) dell’Inpe ha infatti registrato 10.328 incendi tra il 1° ed il 31 agosto.

Da quanto fotografato dal satellite europeo Copernicus l’area ricoperta dal fuoco è lunga quasi 500 chilometri, solo nello stato di Amazonas, che ha registrato anche incendi negli stati di Acre, Rondônia, Mato Grosso, Mato Grosso do Sul e Pará, la cui capitale Belém ospiterà il prossimo anno la CoP30 (la 30ma Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici).

Il governo dello stato di Amazonas ha dichiarato l’emergenza ambientale in tutti i suoi 62, a cominciare da Manaus. Il precedente record era stato stabilito nell’agosto del 2021, quando lo stato che ospita gran parte del polmone verde del mondo aveva registrato circa 8.500 incendi. (ANSA).

Il polmone del mondo brucia. Brucia per l’arroganza e l’avidità di quell’umanità che vuole lucrare indiscriminatamente a scapito dell’ecosistema, a danno di tutto il pianeta. Per il solo stupido ma malvagio motivo di ricavarne pascoli e terreni agricoli.

Alla prossima conferenza CoP30 bisognerebbe discutere sulla reale proprietà dell’Amazzonia da parte del Brasile. Andrebbe “sequestrata” e protetta da tutte le nazioni del mondo. Perché è il polmone della terra, e conserva in sé decine di migliaia di specie.

Prima di morire di fame, l’umanità morirà per soffocamento, di questo passo.

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