È stato risolto il mistero su una delle galassie più luminose del cosmo, così lontana che la sua luce impiega circa 10 miliardi di anni per arrivare sulla Terra: grazie alle osservazioni combinate del Very Large Telescope (Vlt) dello European Southern Observatory e del telescopio Alma, entrambi in Cile( sede anche del S.E.T.I.), si è scoperto che la causa dell’incredibile luminosità di questo oggetto risiede nel gas che forma le stelle, che viene rapidamente convogliato verso il centro della galassia.
Il risultato, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Astronomy e guidato dall’Istituto Max Planck per la Fisica Extraterrestre di Garching, in Germania, dimostra che le galassie definite “iperluminose” non si formano solo in seguito alla drammatica fusione con altre compagne.
Allo studio ha partecipato anche l’Italia, con l’Istituto Nazionale di Astrofisica.
I ricercatori guidati da Daizhong Liu( in foto) hanno catturato la galassia PJ0116-24 in un’immagine che mostra il raro spettacolo del noto anello di Einstein, fenomeno della lente gravitazionale predetto dal fisico Albert Einstein, grazie al quale l’immagine di una galassia distante viene distorta e amplificata dal campo gravitazionale di un’altra galassia intermedia più vicina, creando archi o anelli di luce. Gli astronomi sfruttano questo effetto per studiare oggetti lontanissimi, altrimenti invisibili con i telescopi da terra e dallo spazio.
“L’effetto lente gravitazionale la rende un anello quasi perfetto”, commenta Filippo Mannucci dell’Osservatorio Inaf di Arcetri e tra gli autori dello studio. “Oggetti simili a questo hanno sempre mostrato la presenza dello scontro tra due galassie. Al contrario, PJ0116-24 sembra costituita da un disco stellare simile a quelli scoperti e studiati nell’universo locale – dice Mannucci – dimostrando che questo livello di luminosità e simili tassi di formazione stellare possono essere raggiunti anche senza fusioni”.
Lo spazio è pieno di misteri, ma adesso ce n’è uno in meno.