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La riforma di Nordio

Non sarà una riforma storica, come dice il renziano Roberto Giachetti (annunciando comunque il voto a favore di Italia Viva), ma la riforma della giustizia del Guardasigilli Carlo Nordio cambia e non poco le regole del gioco.

Cancellando, per esempio, la paura della firma di sindaci e amministratori grazie all’abolizione del reato di abuso d’ufficio (che vedeva sfociare in condanne definitive meno dell’uno per cento dei procedimenti penali avviati), o fissando paletti più stringenti per il reato di traffico di influenze illecite.

Per non dimenticare dei limiti posti alla pubblicazione di intercettazioni, quando per esempio queste ultime non risultano rilevanti ai fini delle indagini, il tutto al fine di tutelare la dignità e l’onore delle persone coinvolte nelle indagini e impedire che finiscano, loro malgrado, esposte alla gogna mediatica, vedendosi messi in piazza affari privati e comportamenti magari discutibili ma privi di rilievo penale. Sul punto, più che il bavaglio ai giornalisti la legge impone regole più rigide ai magistrati, che dovranno stralciare dai loro provvedimenti i riferimenti contenuti nelle intercettazioni a terze persone, se queste sono estranee alle indagini.

La nuova normativa vuol rendere il sistema giudiziario italiano più efficiente e garantista, anche se si tratta solo del primo pacchetto di norme. E basta scorrere le cronache recenti per rendersi conto di quali possano essere gli effetti attesi dalla riforma. Quanto all’abuso d’ufficio, che nel 2022 ha visto, su 3.938 procedimenti aperti, ben 3536 archiviazioni e appena 18 condanne, gli esempi di inutili odissee giudiziarie affrontate da pubblici amministratori non mancano. Celebre il caso del sindaco Dem di Lodi, Simone Uggetti, arrestato e tenuto sulla graticola giudiziaria per sette anni prima di vedersi assolto definitivamente. E prima di dirsi in attesa, vana, di una chiamata di Elly Schlein in seguito al proscioglimento. Ma sono tante anche le volte in cui su questa ormai ex fattispecie di reato è inciampato l’attuale governatore campano Vincenzo De Luca, assolto tra le tante nel 2016 (in appello, dopo la condanna in primo grado) per la nomina, da sindaco di Salerno, del project manager per il progetto di un termovalorizzatore, e nel 2018 dalle accuse di abuso d’ufficio e falso ideologico per la costruzione del palazzo Crescent, sempre a Salerno.

A febbraio 2022 è finito con l’assoluzione in appello «perché il fatto non sussiste» l’incubo di Camillo Rosset, che in primo era stato condannato a sei mesi di reclusione, da sindaco di Nus, in Valle d’Aosta, per aver firmato una serie di delibere su un padiglione destinato ad attività del comune ma di proprietà di un consigliere che era suo cugino.

Non mancano anche le vittime dello “spifferaggio” tramite intercettazioni che si sarebbero risparmiati la gogna con le nuove misure previste dalla riforma Nordio. Un caso eclatante è stata l’inchiesta Consip: fughe di notizie in serie e la pubblicazione di intercettazioni irrilevanti hanno coinvolto vip grandi e piccoli, da Tiziano Renzi, il «babbo» di Matteo, a Italo Bocchino, dall’imprenditore Alfredo Romeo all’ex ministro Luca Lotti: tutti sputtanati a mezzo stampa, salvo poi essere clamorosamente assolti. Tanto che l’ex procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, intervistato dal Foglio, ammise che l’informativa dei carabinieri del Noe che aveva dato il via all’indagine – e che era finita ampiamente sui giornali – «conteneva delle affermazioni non corrispondenti al vero». Abbastanza da fare di quell’indagine un esempio lampante di quanto la diffusione non controllata delle intercettazioni – a monte e a valle – possa rovinare definitivamente la reputazione delle persone coinvolte.

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