La riforma del premierato promossa dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha incassato il via libera in Senato, suscitando non poche discussioni sui banchi dell’aula: il dibattito è stato lungo e acceso e sono stati quasi tremila gli emendamenti depositati in Aula dalle opposizioni. La proposta del governo mira a ridefinire il panorama politico nazionale, ponendo l’accento sul diretto coinvolgimento dei cittadini nella scelta del governo e sul ruolo delle istituzioni. Con il voto del 18 giugno la maggioranza punta a mettere il cappello alla riforma in Senato.
I punti fondaentali:
- Che cos’è il premierato e cosa prevede la riforma
- L’articolo 5
- Elezioni e ministri
- Lo scontro politico
Che cos’è il premierato e cosa prevede la riforma
Il premierato è parte di una proposta di legge che intende modificare la Costituzione soprattutto per rafforzare i poteri del presidente del Consiglio e introdurre la sua “elezione diretta”. Tale disposizione, se approvata, sostituirebbe l’attuale meccanismo elettorale, consentendo ai cittadini di esprimere direttamente la propria preferenza per il capo del governo.
La Costituzione italiana, infatti, prevede che alle elezioni politiche i cittadini eleggano i membri del parlamento, che poi a loro volta esprimono la loro preferenza per un governo e un presidente del Consiglio. Se venisse approvata la riforma, il capo del governo non riceverebbe più l’incarico dal presidente della Repubblica sulla base del risultato elettorale e delle possibili maggioranze in parlamento, ma sarebbero i cittadini a scegliere. Un altro aspetto cruciale della proposta è il limite di due mandati per il premier, al fine di evitare la perpetuazione di un unico governo e favorire il ricambio politico.
L’articolo 5 e l’elezione diretta
Nella riforma del governo sul premierato, il cuore sta nell’articolo 5 del disegno di legge, quello che introduce il principio dell’elezione diretta del Presidente del consiglio. L’articolo ha ottenuto il semaforo verde al Senato il 12 giugno, dove lo hanno votato i gruppi che compongono la maggioranza. È stato calendarizzato al 18 giugno il voto finale a Palazzo Madama.
Attualmente l’articolo si limita a fissare il punto dell’elezione diretta del Presidente del consiglio, ma non dice come. Per quello ci vorrà un altro provvedimento, una successiva legge ordinaria. Il punto è stato pesantemente criticato dalle opposizioni. Il voto finale sul provvedimento è il 18 giugno. Passa al Senato anche il sesto degli otto articoli della riforma. Aggiunge che il Senato che secondo la Costituzione viene eletto “su base regionale“, si prevede anche un’opzione “salvo il premio su base nazionale previsto dall’articolo 92“. Il riferimento è a un precedente articolo 5 del disegno di legge Casellati, dal nome della ministra per le Riforme, l’ex presidente del Senato Maria Alberti Casellati, che ha inserito nell’articolo 92 della Carta la previsione di un premio di maggioranza per le liste che appoggiano il candidato premier che vince le elezioni. L’articolo 7, invece, riguarda le crisi di governo.
Elezioni e disciplina dei ministeri
Un altro tema dibattuto riguarda il premio elettorale, che ha generato opinioni contrastanti all’interno del dibattito politico. Inizialmente proposto al 55% dei parlamentari nelle due Camere, il premio di maggioranza è stato oggetto di discussione e revisione. Si propone ora un ballottaggio tra i primi due candidati di coalizione nel caso in cui nessuno raggiunga una soglia minima percentuale. La legge elettorale è infatti uno dei principali aspetti problematici di questa proposta e potrebbe minarne il dispiegamento. Con il premierato, l’elezione diretta del presidente del Consiglio deve coniugarsi con una legge elettorale coerente, che possa garantire al capo del governo una maggioranza stabile e alla coalizione vincitrice un numero di seggi alla Camera e al Senato sufficienti per formare un governo.
Altro elemento chiave della riforma riguarda la nomina e la revoca dei ministri, che sarebbero affidate al presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio eletto. Un meccanismo che, a detta dell’esecutivo, mira a rafforzare il ruolo del capo dello Stato come arbitro neutrale, garantendo al contempo la coerenza e l’efficacia del governo. La proposta prevede anche l’abolizione del semestre bianco, consentendo al Quirinale di sciogliere le Camere in qualsiasi momento in circostanze eccezionali e rimuovendo lo stop sei mesi prima delle elezioni, come attualmente previsto.