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Omicidio Bozzoli: in fuga in Maserati

Alle 5.51 del 23 giugno è stato registrato il passaggio della Maserati modello ” Levante” intestata a Giacomo Bozzoli in provincia di Brescia, due minuti più tardi da quello di Desenzano e uno successiva alle 6.03. Giacomo Bozzoli(in foto) è stato condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario, imprenditore bresciano gettato nel forno della fonderia di famiglia la sera dell’8 ottobre 2015.

Si ritiene si sia allontanato con la moglie Antonella Colossi e il figlio di 9 anni a bordo della Maserati. Il suocero, ascoltato dagli inquirenti avrebbe riferito che la famiglia sarebbe attualmente «in una località imprecisata della Francia».  Bozzoli ha ricevuto conferma il primo luglio dell’ergastolo. Non era presente in aula al momento della lettura della sentenza. L’ultimo accesso su ll’ applicazione telefonica Whatsapp risale alle 3,30 del mattino del 24 giugno. Poi nessuna notizia. 

Non era tantomeno nella sua casa di Soiano del Lago, dove i Carabinieri sono andati a prelevarlo. Nel paese sulla sponda bresciana del lago di Garda i Bozzoli da qualche anno hanno una «villa molto bella, in una posizione invidiabile», ha raccontato all’Adnkronos il sindaco Alessandro Spaggiari, che è certo di non aver mai visto «il viso di Giacomo Bozzoli, se non per le foto pubblicate sui giornali. A Soiano, dove sono nato e conosco tutti, non ho mai incontrato né lui né la sua famiglia. Mai visti: né in chiesa, né al bar, né al ristorante. Mai visti da nessuna parte». Le ricerche sono state avviate oltre che nella villa di Giacomo Bozzoli a Soiano del Garda, in quella di Marcheno intestata al padre Adelio, nella sede di lavoro a Bedizzole, nella galleria d’arte dove lavora la moglie e in una casa ad Ortisei riconducibile alla famiglia. Il presidente della prima sezione penale di Brescia Roberto Spanó ha di conseguenza firmato il decreto di latitanza ma ancora non è scattato il mandato d’arresto internazionale che potrebbe scattare al termine della giornata odierna qualora Giacomo Bozzoli non si costituisca alle forze dell’ordine. 

A Soiano Giacomo Bozzoli doveva trovarsi quando la Cassazione lo ha condannato definitivamente all’ergastolo, con isolamento diurno per un anno. Stessa pena che gli era stata inflitta in primo grado dalla Corte di Assise di Brescia il 30 settembre 2022 e poi confermata dalla Corte di Assise di appello il 17 novembre 2023. Neanche quel giorno l’imputato era presente in aula. Bozzoli ha più volte ribadito in questi anni la sua innocenza. I giudici non gli hanno dato credito: per la giustizia italiana quello di Mario Bozzoli(in foto), imprenditore 50enne scomparso dalla fonderia di Marcheno la sera dell’8 ottobre 2015, è stato un omicidio volontario e premeditato, compiuto gelidamente(!)dal nipote. Il corpo, mai trovato, sarebbe bruciato nel forno. L’ipotesi, tuttavia, è che sia scappato da giorni. Gli inquirenti hanno firmato un mandato di cattura internazionale. Pensano che sia all’estero, nonostante il suo passaporto sia ormai scaduto. 

Svanito da una settimana

Giacomo Bozzoli non aveva restrizioni di alcun tipo. Non gli è mai stato contestato il pericolo di fuga che sarebbe stato motivo di custodia cautelare. Le ricerche dell’ergastolano sono iniziate immediatamente lunedì sera e sono proseguite senza sosta per tutta la notte e il giorno successivo. L’ordine di esecuzione della condanna è stato inserito in tutte le banche dati italiane ed europee e, se non dovesse trovarsi, nelle prossime ore potrebbe scattare per lui un decreto di latitanza. E’ un provvedimento che consentirebbe di procedere con attività di indagine più approfondite, come le intercettazioni telefoniche e bancarie. 

L’accusa di omicidio

Secondo l’accusa, Giacomo Bozzoli avrebbe ucciso lo zio proprio nella fonderia di famiglia la sera dell’8 ottobre di nove anni fa, gettando poi il corpo in uno dei forni dell’azienda e assicurandosi la sua scomparsa materiale. Ad aiutarlo, i due operai Oscar Maggi e Giuseppe Ghiradini, quest’ultimo morto pochi giorni dopo il delitto con una capsula di cianuro nello stomaco. Un suicidio, secondo gli inquirenti, messo in atto poiché non avrebbe «retto al rimorso» di aver preso parte all’omicidio in cambio di denaro. La ricostruzione, dopo una prima condanna all’ergastolo in primo grado, era stata accolta nuovamente in appello dopo che, nel corso del processo, era stato fatto l’esperimento giudiziale in stile C.S.I. – tra le polemiche degli animalisti – di bruciare un maiale nel forno per comparare tempi e modalità.

Le parole di Giacomo Bozzoli

Giacomo Bozzoli ha sempre ribadito di non avere alcuna connessione con la scomparsa dello zio Mario. «Due mesi prima della sparizione di mio zio vivevo il momento più bello della mia vita perché era nato mio figlio», aveva detto in un ultimo tentativo di convincere i giudici. «Vi giuro su ciò che ho di più caro che sono innocente». Ma gli screzi e i rancori tra i due familiari pare fossero cosa di lungo corso, specialmente dopo una presunta truffa all’assicurazione messa in atto da Giacomo e scoperta dallo zio. Nonostante sul suo cellulare il nipote avesse salvato il numero di Mario sotto il nome di “mer…”, a suo dire non vi sarebbero mai state liti. Tra gli indizi a carico del 39enne, poi, anche una fumata anomala proveniente dalla fonderia alle 19.18 del giorno della scomparsa dell’uomo quando, stando alle accuse, il cadavere sarebbe stato completamente arso. Quando lo scorso 17 novembre, il presidente della Corte di Assise d’Appello di Brescia ha letto il verdetto la conferma in secondo grado dell’ergastolo, Bozzoli non era presente.

Ora è, usando il gergo del caso, “al largo”.

Resta alle forze di polizia in Italia e all’estero, presumibilmente in Francia, scovarlo e assicurarlo alla Giustizia.

Anche se in Maserati, c’è un adagio adatto al caso: “puoi correre, ma non puoi nasconderti”.

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