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Morte dell’orsa “Amarena”, Organizzazione Internazionale Protezione animali(OIPA): ” Chi l’ha ammazzata deve pagare”

Rischia il processo l’uomo che ha ucciso l’estate scorsa l’orsa Amarena, uno dei simboli del Parco nazionale d’Abruzzo.

Chiuse le indagini, il procuratore di Avezzano, Maurizio Maria Cerrato, contesta al 57enne i reati di uccisione di animali aggravata da crudeltà ed esplosioni pericolose in un luogo abitato. “La giustizia farà il suo corso, anche se non restituirà Amarena ai suoi figli e a questa vita. Ma chi l’ha uccisa deve pagare”, commenta l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa).

Amarena è stata uccisa a fucilate nella notte del 31 agosto scorso fuori dal Parco, alla periferia di San Benedetto dei Marsi, in provincia dell’Aquila. L’autore venne subito identificato. Dei due cuccioli che erano stati visti con l’orsa nessuna traccia. Dopo qualche giorno di ricerche il Pnalm informò che stavano bene: dopo essersi divisi per un breve periodo, si erano ricongiunti.

L’avviso di chiusura indagini arriva dopo l’esame della perizia balistica, che avrebbe confermato che l’indagato ha sparato con l’intento di uccidere, non per errore o per spaventare l’animale.

A quanto reso noto dall’Oipa, la perizia attesta che si è trattato di una “fucilata intenzionale ed esplosa da una distanza ravvicinata”. A centrare Amarena un proiettile calibro 12 che l’ha colpita a un fianco perforandole un polmone. Una brutta morte, povera creatura.

“La Procura ha confermato che l’orsa al momento dello sparo era innocua – sottolinea l’Organizzazione – Amarena è l’ennesima vittima non solo della pericolosità sociale d’individui, cui pure si concede il porto d’armi, ma anche del clima d’odio nei confronti dei grandi carnivori fomentato in Italia da alcuni esponenti politici. Auspichiamo che si arrivi a una condanna esemplare nei confronti dell’inquisito”. L’Oipa annuncia che si costituirà parte civile nel processo.

Mentre il 57enne, qualche giorno dopo la morte dell’orsa, raccontava: “Sono giorni che non dormo e non mangio, non vivo più, ricevo in continuazione telefonate di morte, messaggi; hanno perfino chiamato mia madre 85 enne, tutta la mia famiglia è sotto una gogna. Ho sbagliato, l’ho capito subito dopo aver esploso il colpo… i Carabinieri li ho chiamati io”. 

Del senno di poi sono piene le fosse.

(Fonte:ANSA)

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