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L’effetto della morte di Claudio Graziano

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E’ stato trovato morto ieri Claudio Graziano, presidente di Fincantieri. Classe 1953, al vertice del colosso cantieristico dal 2022, Graziano veniva dal mondo militare, dagli studi all’Accademia di Modena fino a ricoprire dal 2015 al 2018 il posto di Capo di Stato maggiore della Difesa. Nato a Torino, ha frequentato l’Accademia militare di Modena, dal 1972 al 1974, e la Scuola di Applicazione di Torino, dal 1974 al 1976, dove ha conseguito la laurea in Scienze Strategiche Militari. Ha altresì conseguito le lauree in Scienze Diplomatiche ed Internazionali presso l’Università degli Studi di Trieste, il Master in Scienze Strategiche e la specializzazione universitaria in Scienze Umane presso l’Accademia Agostiniana di Roma si legge sul sito di Fincantieri.

Nominato nel 1974 Ufficiale di fanteria, specialità alpini, nel 1976 è stato comandante di plotone fucilieri al battaglione alpini “Susa” in Pinerolo e nel 1977 è stato Vice Comandante della compagnia contro carri della Brigata alpina “Taurinense”. Ha poi comandato, nel 1980, la compagnia mortai nonché la compagnia alpini (fucilieri) presso il battaglione alpini “Trento” della Brigata alpina “Tridentina” e dal 1983 al 1986 la compagnia Allievi Ufficiali e la compagnia Comando presso la Scuola Militare Alpina di Aosta.

Dopo il corso di Stato Maggiore, nel 1987 è stato assegnato allo Stato Maggiore dell’Esercito, dove ha svolto l’incarico di Ufficiale Addetto presso l’Ufficio Programmi di Approvvigionamento. Promosso Maggiore nel 1988, ha quindi frequentato dal 1989 al 1990 il Corso Superiore di Stato Maggiore. Nel 1990, promosso Tenente Colonnello, è stato trasferito all’Ufficio del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, assumendo l’incarico di Capo della Segreteria di Stato Maggiore del Capo di SM.

Nel 1992 è stato riassegnato al battaglione alpini “Susa” in qualità di Comandante che, durante il suo comando, è stato schierato in Mozambico, nell’ambito della missione di pace delle Nazioni Unite, con il compito principale di garantire la sicurezza del corridoio di Beira, favorendo e supportando il soccorso umanitario e sanitario alle popolazioni locali. Alla fine del 1993 è stato designato Capo Sezione Coordinamento e Studi presso l’Ufficio del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito.

Promosso Colonnello, nel 1996 ha frequentato l’US Army War College per poi comandare il 2° reggimento alpini della Brigata “Taurinense” a Cuneo. Successivamente, ha ricoperto l’incarico di Capo Ufficio Pianificazione dello Stato Maggiore dell’Esercito. Nel mese di settembre 2001 ha assunto l’incarico di Addetto Militare presso l’Ambasciata d’Italia di Washington D.C., negli Stati Uniti. Promosso Generale di Brigata nel gennaio 2002, ha assunto, nell’agosto 2004, il comando della Brigata alpina “Taurinense” e dal mese di luglio 2005 al febbraio 2006 il comando della “Brigata Multinazionale Kabul” in Afghanistan e, con essa, la responsabilità dell’Area d’Operazioni della provincia di Kabul, dirigendo, tra l’altro, numerose iniziative umanitarie nell’ambito delle attività di ricostruzione e di primo soccorso alle popolazioni. Promosso Generale di Divisione nel gennaio 2006, ha assunto, dal marzo dello stesso anno, l’incarico di Capo Reparto Operazioni del Comando Operativo di Vertice Interforze della Difesa.

Nel gennaio 2007 il Segretario Generale delle Nazioni Unite gli ha conferito l’incarico di Force Commander della missione UNIFIL in Libano, dove ha assolto il ruolo di Comandante delle Forze dell’ONU, nonché di Capo Missione, divendendo altresì responsabile di tutta la componente civile delle Nazioni Unite in Libano, incluso il coordinamento degli aiuti umanitari e delle attività di ricostruzione e soccorso intraprese. Nel gennaio 2010 è stato promosso al grado di Generale di Corpo d’Armata e, dal febbraio dello stesso anno, è stato nominato Capo di Gabinetto del Ministro della Difesa. Nell’ottobre 2011 è stato nominato Capo di Stato Maggiore dell’Esercito e successivamente promosso al grado di Generale. Dal febbraio 2015 al novembre 2018 è stato Capo di Stato Maggiore della Difesa.

Designato nel novembre 2017, dal 6 novembre 2018 al 15 maggio 2022 ha ricoperto l’incarico di Presidente del Comitato Militare dell’Unione Europea (European Union Military Committee). Dal 16 maggio 2022 è Presidente del Consiglio di Amministrazione di Fincantieri S.p.A. e dal 28 settembre 2022 è Presidente di Assonave (Associazione Nazionale dell’industria navalmeccanica).

Insignito di numerose decorazioni, gli sono stati tributati 5 Encomi Solenni e 9 Encomi Semplici. Gli è stata altresì conferita la cittadinanza onoraria della Provincia di Tiro (Libano), dei Comuni di Villanova d’Asti e di Fontanile (AT) e della città di Biella. È autore di numerosi libri, studi ed articoli.

La scomparsa di Claudio Graziano arriva in un momento particolarmente delicato per Fincantieri. La partecipata specializzata in cantieristica navale proprio con l’arrivo del generale alla presidenza – di pochi mesi successivo allo scoppio della guerra in Ucraina – ha avviato un graduale processo di trasformazione del proprio business, esponendolo sempre di più verso affari relativi al mondo della difesa rispetto a quelli più pacifici, a partire dalla crocieristica. Capo di stato maggiore italiano ed europeo, capo della missione Onu in Libano e della Brigata multinazionale Kabul in Afghanistan, Graziano era il profilo perfetto per guidare Fincantieri in un’epoca di maggiori tensioni belliche.

Era uno degli ultimi ufficiali di ‘scuola sabauda’, la stessa che ha dominato la dottrina militare dell’Esercito repubblicano e, prima ancora, il Regio esercito per buona parte della sua storia dal Regno piemontese a oggi. Nato a Torino 71 anni fa, dopo l’Accademia si specializzò alla Scuola di applicazione della città natia, ricevendo tra l’altro come primo incarico quello di comandante di plotone nel battaglione “Susa” a Pinerolo, per poi diventare subito dopo – era la fine degli anni Settanta – numero due della compagnia controcarri della brigata Taurinense. Graziano si distinse fin da subito nell’arte del comando, venendo promosso presto allo Stato maggiore a Roma e dando avvio a una carriera da alto ufficiale “internazionale” al termine della Guerra Fredda.

Al comando degli alpini nella missione Onu in Mozambico (1992), poi addetto militare all’ambasciata d’Italia a Washington, tra gli incarichi militari più “diplomatici” che ci siano, per poi partire, nel 2005, per l’Afghanistan, dove le relazioni costruite oltreoceano sono tornate utili da comandante della brigata multinazionale Kabul, ruolo che gli dava la responsabilità operativa di tutto ciò che avveniva nella provincia della capitale afghana. Nel 2007, il segretario generale dell’Onu lo richiede come comandante in capo delle forze Unifil in Libano, con la nomina parallela anche di capo missione Onu, ruolo spesso ricoperto da diplomatici di carriera, civili e non militari dunque. Gli ultimi anni con le stellette sono quelli dell’ascesa ai vertici delle Forze armate. Capo di stato maggiore dell’Esercito nel 2011, viene designato capo di stato maggiore di tutta la Difesa nel 2014. Nel 2017, infine, il grande salto a Bruxelles, con la presidenza del Comitato militare dell’Unione europea.

Cinque anni dopo, il mondo è stravolto dalle conseguenze economiche e politiche della pandemia, ma soprattutto dal ritorno della guerra in Europa a causa dell’invasione russa dell’Ucraina. A dover cambiare approccio, dopo decenni di affari e penetrazione economica all’estero senza badare alle vecchie alleanze geopolitiche sono prima di tutto le grandi imprese dello Stato. L’unica ad aver già avviato in tempi non sospetti un ri-orientamento geopolitico del proprio business – allontanandosi dalla Russia e guardando sempre di più all’Africa – era stata Eni, con l’amministratore delegato Claudio Descalzi, già noto come “L’Africano” per ragioni di carriera e familiari. Altre invece si sono ritrovate la guerra dietro l’angolo quasi come un fulmine a ciel sereno. Tra i passi da compiere verso una maggiore agibilità nel contesto internazionale così stravolto dalla guerra c’è anche quello del coinvolgimento di esponenti delle forze armate nel management. La stessa Eni ha nominato l’ex numero uno della Guardia di Finanza alla presidenza. A Leonardo, principale player della difesa italiano ed europeo, è giunto alla carica più elevata persino un ambasciatore, Stefano Pontecorvo, già capo delle feluche in Pakistan e rappresentante civile della Nato in Afghanistan negli anni del graduale ritorno al potere dei talebani a Kabul.

La nomina del generale Graziano alla guida di Fincantieri è da inquadrare in questo contesto. Una società, quella con sede a Trieste, stabilimenti in Liguria, Marche e Campania, ma anche bacini e cantieri localizzati in tutti i continenti: Australia, Cina, Giappone, India, Vietnam, Romania, Norvegia, Canada, Usa e Brasile. La costruzione di navi a uso civile – in primis crocieristico – è il main business, che da solo (4 miliardi) vale il doppio dei ricavi generati, nel 2023, dal settore militare (2 miliardi). Ma, da un lato la pandemia che ha abbattuto il traffico di passeggeri in crociera, e dall’altro la guerra che ha messo il turbo alle industrie militari di tutto il pianeta, hanno costretto Fincantieri a cambiare gradualmente rotta. La nuova strategia lanciata dall’amministratore delegato Pierroberto Folgiero nel settore dell’underwater, ovvero la costruzione di sistemi e mezzi per l’operatività subacquea e la guerra sottomarina, è il segnale più vivido del cambio di marcia del gruppo verso priorità più militari.

Da questo punto di vista, l’improvviso crollo in borsa (-3%) dovuto alla notizia della morte del presidente Graziano – trovato senza vita dalla scorta nell’appartamento romano dove viveva, con un’arma e un biglietto al suo fianco: nel testo, il generale avrebbe fatto riferimento a una mancanza di senso della sua vita dopo la scomparsa della moglie, l’anno scorso – non è un segnale da sottovalutare. Non solo perché Fincantieri perde una figura posta a garanzia della nuova strategia, ma anche perché il suo valore azionario era già sotto pressione, da un paio di mesi a questa parte, da parte degli investitori. L’acquisizione della ex Wass – storica produttrice di siluri controllata dalla rivale Leonardo – ufficializzata nelle ultime settimane, non aveva fatto entusiasmare gli animi in borsa. Anzi, il titolo della partecipata triestina, dopo un’ascesa imponente nella prima parte dell’anno a seguito delle prime indiscrezioni sull’acquisizione, ha visto perdere buona parte del valore conquistato – dai 7,73 euro di aprile ai 5,15 di venerdì –, in parte per una valutazione di Wass che, secondo gli analisti, sarebbe decisamente superiore al valore dell’asset, e in parte per la ricapitalizzazione decisa dal management proprio per finanziare l’operazione. Ora, la perdita del presidente con le stellette non sarà di aiuto.

(Fonti:AdnKronos, Huffington Posto)

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