Le riforme del governo Meloni, al pronti via dopo la pausa elettorale, avanzano tra botte da orbi all’opposizione. Mentre al Senato si votava a tappe forzate il premierato tanto caro a Giorgia Meloni, con l’opposizione che abbandonava l’aula al momento del voto dell’articolo che prevede l’elezione diretta del premier, alla Camera nelle stesse ore, durante il voto sul ddl autonomia imposto dalla Lega, finiva a botte, con un deputato 5 stelle uscito dall’Aula in sedia a rotelle. «Violenza inaudita, fisica e verbale, non si può andare avanti cosi in aula», dicono sia la segretaria del Pd Elly Schlein sia il leader dei 5 stelle Giuseppe Conte.
Il top del fuoco si registra proprio alla Camera durante la votazione del ddl Autonomia. Prima della rissa il deputato di Fratelli d’Italia Salvatore Deidda urla alla capogruppo dem Chiara Braga «stai zitta». Proteste forti dell’opposizione e il presidente Lorenzo Fontana, leghista, sospende la seduta. Si riparte ed ecco che dai banchi del Pd, idea di Giuseppe Provenzano, si inizia a sventolare il Tricolore e a cantare la solita «Bella Ciao»; dai banchi della Lega il deputato Domenico Furgiuele fa il segno della X: tutti pensano alle frasi del generale Roberto Vannacci sui fascisti della Decima Flottiglia Mas, da lui evocati in positivo, e si scatena il pandemonio. Fontana espelle quindi Furgiuele, nonostante questi provi a dire che il suo segno era di disapprovazione «musicale» come se lui facesse parte della giuria del programma tv «di X Factor»( see, certo!). Frasi testuali. Si riprende il lavoro ed ecco che accade l’imprevisto: il deputato dei 5 stelle Leonardo Donno entra in aula con una bandiera Tricolore, vede il ministro Roberto Calderoli e avvicinandosi prova a mettergliela sulle spalle. Si scatena la rissa. I leghisti, e alcuni “meloniani”, corrono verso Donno. Tra i più scalmanati Igor Iezzi, commissario della Lega Nord, che sferra colpi in batteria verso Donno, che dopo pochi secondi «stramazza al suolo», come dice il deputato di Avs Marco Grimaldi. Le reazioni: da FdI provano a prendere sobriamente le distanze con Andrea de Bertoldi che definisce «un coglione» chi prova a dare pugni a un parlamentare. Nel frattempo iniziano a girare sulle chat le immagini della rissa e non si capisce bene se il pugno di Iezzi arrivi al volto di Donno: «Ha fatto una sceneggiata», dice il meloniano Federico Mollicone, pure lui partecipe del parapiglia. Dal Pd e dallo stesso Donno tirano in ballo il deputato FdI, ex paracadutista della Folgore, Enzo Amich. Fontana chiude la seduta e invita i questori a visionare i filmati per prendere provvedimenti disciplinari. Nel frattempo Nico Stumpo tira una sedia in aria, sostenendo di avere sentito «presente!», e da FdI accusano il dem Toni Ricciardi, infortunato, di avere dato un colpo di stampella non si capisce bene a chi. «A cento anni dall’omicidio Matteotti non si devono vedere queste immagini, non pensino di fermare i nostri diritti di opposizione contro riforme che stanno stravolgendo l’Italia», sbotta Schlein. «Giù le mani da noi e giù le mani dal nostro tricolore», aggiunge il 5 stelle Conte, mentre anche Nicola Fratoianni di Avs chiede a Fontana di fermare definitivamente l’aula sul ddl Autonomia. Una riforma che rischia di dividere anche la maggioranza. In casa Forza Italia, partito che ha preso il grosso dei consensi al Sud alle Europee, monta la protesta: in segreteria, durante il ricordo del fondatore Silvio Berlusconi, il governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, chiede ad Antonio Tajani di «votare contro questa riforma». La risposta del segretario: «Non si può, così cade il governo». A questo punto interviene Raffaele Nevi che propone di votare alcuni ordini del giorno, ma Occhiuto ribadisce: «Gli ordini del giorno valgono quanto la carta igienica». Per evitare spaccature ufficiali Tajani dirà alle agenzie: «Noi manteniamo gli impegni ma è chiaro che la questione dei Lep è fondamentale, vigileremo».
Intanto al Senato procede il voto sull’altra riforma, quella riguardamte il premierato. Approvato, con l’opposizione fuori dall’aula, l’articolo 5, quello fondamentale che stabilisce l’elezione diretta del premier. Il termine per il voto finale è fissato a martedì prossimo: «Stanno umiliando il Parlamento», dice il capogruppo dei dem Francesco Boccia.
Viene da ridere. Questi hanno scambiato il Parlamento per il Fight Club!
Conoscete il romanzo di Chuck Palaniuk e il successivo film con Brad Pitt? “La prima regola del Fight Club è …”!
(Fonte:La Repubblica)