Home Cronaca Amanda Knox condannata a 3 anni, ma niente carcere

Amanda Knox condannata a 3 anni, ma niente carcere

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La Corte d’assise d’appello di Firenze ha condannato a 3 anni Amanda Knox per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, nell’ambito della vicenda giudiziaria per l’omicidio di Meredith Kercher, perpetrato a Perugia la notte del 5 novembre 2007, confermando così la configurabilità del reato in relazione al memoriale scritto dalla donna la mattina del 6 novembre del 2007. Dal punto di vista giudiziario la Knox i 3 anni li ha comunque già scontati. Ma le rimane l’amaro di una sentenza che, rientrando dagli Stati Uniti, dove vive, non si aspettava. Anzi, ascolta la sentenza, resta impietrita e poi scoppia in lacrime.

A conferma del suo stato d’animo i suoi avvocati, Carlo Dalla Vedova e Luca Luparia Donati: “Amanda è molto amareggiata, pensava di mettere un punto dopo tutti questi anni”. E aggiungono: “Leggeremo le motivazioni e poi impugneremo la sentenza in Cassazione”.

Piena soddisfazione da parte del legale di Patrick Lumumba che al termine dell’udienza afferma: “Decisione in linea ai precedenti giudicati. Confermata nostra aspettativa, Amanda lo ha calunniato. Patrick soddisfatto“. Nel frattempo dopo aver assistito alla lettura della sentenza con accanto il marito e i suoi difensori, Amanda lascia l’aula imboccando un’uscita secondaria per evitare le telecamere. Una vicenda lunga e dibattuta, nella quale la Knox è stata assolta in via definitiva, dopo un’alternarsi di condanne e assoluzioni. A Firenze i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Firenze, il 30 gennaio 2014, la condannarono insieme a Raffaele Sollecito, dopo il rinvio disposto dalla Cassazione. Il successivo e conseguente ricorso in Cassazione da parte degli imputati fu, invece, accolto chiudendo la vicenda giudiziaria con l’assoluzione dei due imputati.

Adesso Amanda Knox deve difendersi nuovamente dall’accusa di calunnia nei confronti di Patrick Lumumba che la donna, aveva indicato come assassino, nel corso di un interrogatorio in questura che la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU)ha stabilito irregolare.

Da questo pronunciamento l’ulteriore ricorso della Knox che ha dato corso all’attuale processo. Amanda in aula parla per circa dieci minuti, in italiano comprensibile, tornando con la mente alla notte del 5 novembre 2007, quando si trovava in questura. “Non avrei mai testimoniato contro Patrick, come invece la polizia voleva. Non sapevo chi era l’assassino. Patrick non era solo il mio capo al lavoro ma anche mio amico. Non avevo interesse ad accusare un amico innocente. Patrick mi ha insegnato a parlare l’italiano, si è preso cura di me. Prima dell’arresto, mi consolò per la perdita della mia amica. Mi dispiace di non essere stata così forte di resistere alle pressioni della polizia e che lui ne abbia sofferto”.

Quella di Meredith è una tragica vicenda mai chiarita del tutto.

(Fonte:AGI)

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