Nel corso degli anni avrebbe sepolto e abbandonato artatamente massicci quantitativi di rifiuti speciali, pericolosi o non, all’interno di una cava dismessa del capoluogo partenopeo.
Con questa accusa, i militari della Polizia locale di Napoli, del nucleo operativo ecologico dei Carabinieri e del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza hanno eseguito una ordinanza applicativa di misura cautelare emessa dal gip del Tribunale partenopeo, su richiesta della Procura, nei confronti di un imprenditore campano e delle sue aziende operanti nei settori dell’edilizia e dello smaltimento rifiuti, con a carico gravi indizi di reato per inquinamento e disastro ambientale.
Le indagini sul luogo
Dalle indagini svolte, confermate da precedenti risultanze processuali, da accertamenti dell’Agenzia Regionale Protezione Ambientale della Campania e dalla consulenza tecnica di una professoressa universitaria di geologia ambientale, è emerso che, nel corso degli anni, si legge in una nota dei carabinieri, “il predetto imprenditore avrebbe sepolto e abbandonato ingentissimi quantitativi di rifiuti speciali, pericolosi o non, all’interno di una cava dismessa del capoluogo partenopeo, posta all’interno del Parco Metropolitano delle Colline di Napoli, nell’area denominata “ex cava Suarez”.
La discarica abusiva in esame
In particolare, quale esecutore e appaltatore delle opere di ripristino e recupero ambientale della predetta area, l’indagato avrebbe realizzato “una discarica abusiva sversando e smaltendo illecitamente un volume di rifiuti pari ad almeno 146 mila – 176 mila metri cubi (corrispondente ad una massa compresa tra le 200 mila e 250 mila tonnellate), incluse notevoli quantità di amianto frantumato.
Terribile disastro ambientale
Lo sversamento tossico, sottolineano gli investigatori, avrebbe contribuito “ad alterare l’equilibrio naturale del sito in esame, rimediabile solo con interventi particolarmente onerosi ed eccezionali, determinando una significativa offesa alla pubblica incolumità per via dell’inquinamento dell’area e dell’esposizione al pericolo di un numero considerevole di persone, trattandosi di zona densamente urbanizzata”. Su queste basi, l’indagato è stato posto agli arresti domiciliari e, contestualmente, sono stati sottoposti a sequestro preventivo gli autocarri e le macchine per il movimento terra delle società a lui riconducibili (per un valore quantificato in circa 1 milione di euro), una delle quali, direttamente beneficiaria delle condotte contestate, è stata anche interdetta dall’esercizio dell’attività imprenditoriale. L’uomo era già stato rinviato a giudizio per l’omessa bonifica proprio di cava Suarez, ordinata sia dal Comune di Napoli che dal giudice penale, con il sequestro di tre milioni di euro a suo carico, mancando di intervenire per il ripristino dell’area da almeno cinque anni.
Amianto e rischi connessi
In occasione della Giornata nazionale delle vittime dell’amianto è stata stilata una mappa delle regioni italiane più colpite da malattie asbesto correlate. Nel nostro Paese nel 2023 si sono registrati 7mila decessi e 10mila nuovi malati. Tra le regioni con più casi di mesoteliomi, (la patologia che poche settimane fa ha causato la morte del giornalista Franco di Mare), quelle a vocazione industriale, per cui Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna sono le prime quattro in questa drammatica graduatoria, al quinto posto il Lazio. Si stima che siano presenti 40 milioni di tonnellate di amianto all’interno di un milione di siti e micrositi, di cui 50mila industriali, e 42 di interesse nazionale.
Gli eco-crimini come questo andrebbero equiparati giuridicamente a strage terroristica. Perché colpiscono indiscriminatamente tutti noi.