Sei giovani, tutti minorenni, hanno aggredito e picchiato un clochard di origine romena che dormiva nei locali abbandonati di un centro di formazione professionale, riprendendo con i loro cellulari le varie fasi del pestaggio. E’ accaduto a San Costantino Calabro, nel Vibonese. I responsabili sono stati individuati dai Carabinieri e denunciati alla Procura della Repubblica per i minorenni di Catanzaro con l’accusa di maltrattamenti, percosse e lesioni, con l’aggravante dei futili motivi.
Bruciati i suoi vestiti ed effetti personali
Il senzatetto è stato sorpreso nel sonno dai minori e picchiato con calci, pugni e schiaffi. I giovani responsabili dell’aggressione hanno anche dato fuoco agli oggetti che il romeno aveva con sé, compresi effetti personali ed i vestiti. Il sindaco del centro del Vibonese, Nicola Derito, ha condannato l’accaduto. “Episodi del genere – ha detto Derito – sono assolutamente da censurare e certamente danneggiano l’immagine della nostra comunità, che nella stragrande maggioranza è fatta di persone perbene. Si tratta di un fatto gravissimo anche perché commesso ai danni di una persona che non poteva difendersi. San Costantino Calabro, comunque, non è un paese violento. Ci tengo a ribadirlo”.
“Non è un paese violento” dice il sindaco, eppure mancava poco che lo ammazzassero in stile Arancia Meccanica.
Il sottoscritto ha fatto, causa forza maggiore, l’amarissima esperienza di essere clochard. So cosa vuol dire. Non dimenticherò mai l’espressione da jena ridens che fece la proprietaria di una lavanderia di Aversa mentre mi riprendeva col cellulare ridendo. Non so se esiste Dio, o il Karma. Ma penso che i senzatetto, i reietti di questa società ipocrita, meritino il Paradiso, o un’altra vita migliore.
Svegliarsi con 2 centesimi davanti può far ridere, invece vi dico che è sopravvivenza.
Non provo odio per la signora della lavanderia. Se mi incontrasse, non mi riconoscerebbe certamente, perché in questo mondo basta indossare giacca e cravatta per essere considerati. Le auguro di non provare la mia stessa esperienza, di non sentirsi abbandonato da tutto e da tutti, senza speranza, con la domanda che si ripete nel cervello ” che ne sarà di me?”.
Sic transit gloria mundi.