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Morto Raisi, Presidente dell’Iran

La morte del presidente Ebrahim Raisi, avvenuta nello schianto dell’elicottero su cui viaggiava al confine con l’Azerbaijan, è giunta in un momento particolarmente delicato per l’Iran. La Repubblica islamica, tornata alla ribalta nel quadro mondiale, sta affrontando sfide esterne senza precedenti – tra cui il recente scambio di attacchi con Israele – e importanti questioni interne. L’economia è sull’orlo del collasso a causa delle sanzioni Usa ed europee legate al nucleare.

Inoltre, è in aumento il dissenso nei confronti del regime teocratico, come hanno dimostrato l’astensionismo alle elezioni parlamentari del 2024 e le proteste (represse nel sangue) innescate dalla morte di Mahsa Amini, uccisa dalla polizia morale perché non indossava correttamente il velo. Tutto questo mentre il Paese si stava preparando a un cambio al vertice del potere, vista l’età avanzata dell’Ayatollah Ali Khamenei, 85 anni e Guida suprema dell’Iran dal 1989: proprio Raisi, delfino del Rahbar, era in pole per la sua successione. E adesso cosa accadrà?

Economia prossima al collasso, relazioni tese con gli Stati del Golfo, dissenso in crescita. E sullo sfondo c’è sempre la guerra a Gaza. L’incidente al presidente, erede designato dell’Ayatollah Khamenei, è arrivato proprio quando il regime di Teheran si trova ad affrontare sfide senza precedenti. E se le colpe ricadessero su Israele, le conseguenze sarebbero davvero gravi.

La morte di Raisi potrebbe aprire la strada al figlio di Khamenei, Mojtaba

In Iran il potere è amministrato in modalità non trasparente tra clero, politici ed esercito. Il presidente, eletto dal popolo, è il capo del governo. Ma la massima carica religiosa e amministrativa prevista dalla Costituzione è la Guida suprema, che eletto dall’Assemblea degli esperti rimane in carica a vita: è lui a comandare. Diventato presidente della Repubblica islamica a giugno del 2021, prendendo il posto di Hassan Rouhani in quelle che vennero definite elezioni truccate, Raisi – delfino dell’Ayatollah – era stato indicato come il più probabile successore di Khamenei. Sciita conservatore nonché devoto sostenitore del Rahbar, Raisi era considerato una figura debole, ma ottimale per garantire che non venisse alterato lo status quo di Teheran.

La sua morte apre ora la strada al figlio di Khamenei, Mojtaba, e di fatto alla possibilità di una sorta di successione ereditaria, cosa che molti clerici avversano in quanto estranea ai principi rivoluzionari dell’Iran, evidenzia il Guardian.

Al momento la presidenza dell’Iran è stata assunta ad interim dal 68enne Mohammad Mokhber: la costituzione iraniana prevede che in caso di morte improvvisa di chi ricopre questa carica entro 50 giorni si tengano le consultazioni per eleggere un nuovo presidente. Le elezioni che nel 2021 avevano visto la vittoria di Raisi con il 72% dei consensi erano state le Presidenziali con l’affluenza più bassa nella storia della Repubblica islamica: circa il 49% e oltre il 13%di schede bianche o nulle. Le nuove elezioni si terranno quindi in un contesto di forte dissenso. Nelle ultime, che si sono tenute il primo marzo per il rinnovo del parlamento, l’affluenza è scesa al minimo storico del 41% e in alcune circoscrizioni dell’Iran ha votato appena un avente diritto su 10: è questo un segno di protesta per la squalifica di numerosi politici riformisti o moderati, in certi casi persino aggrediti fisicamente, e all’impatto della durissima repressione delle proteste anti-governative esplose alla fine del 2022 dopo la morte della 20enne curda Mahsa Amini. Le nuove elezioni potrebbero rinforzare il movimento di protesta, di cui Raisi – che aveva già ampiamente messo a tacere il dissenso attraverso i tribunali rivoluzionari – aveva “supervisionato” personalmente la sanguinosa repressione, inasprendo al contempo le leggi sulla moralità. Anche i gruppi dissidenti all’interno dell’Iran, tra cui alcuni legati allo Stato islamico e responsabili di attentati nel Paese durante l’amministrazione Raisi, potrebbero tentare di trarre vantaggio da una situazione così grave. Il campo ultraconservatore cercherà un candidato affine a Raisi, lanciando segnali di unità e continuità. La sfida immediata del nuovo capo di governo, che non detiene il potere ma – in sostanza – mette semplicemente la faccia, sarà poi quella di controllare innanzitutto il dissenso interno.

Il dissenso è anche prodotto indiretto delle disastrose condizioni economiche in cui versa l’Iran, onerato dalle sanzioni soprattutto da parte degli Stati Uniti, imposte fin dalla fondazione della Repubblica islamica nel 1979 ma ripetute in molteplici occasioni. Soprattutto di recente, con l’accelerata di Teheran nel programma nucleare ( arricchimento dell’uranio) avvenuta nei due anni di presidenza di Raisi, che ha sempre sostenuto una politica anti-Occidentale ammiccando l’occhio a Cina e Russia, fornendo tra l’altro droni all’esercito di Mosca, largamente utilizzati nella guerra in Ucraina. Le sanzioni statunitensi ed europee hanno di fatto hanno bloccato il commercio estero e al momento le vendite di greggio sono al minimo storico, mentre l’inflazione è schizzata alle stelle.

Le prossime consultazioni si terranno all’insegna del conflitto tra Iran e Israele. Teheran ha trascorso decenni a sostenere gruppi armati e militanti in LibanoSiriaIraqYemen e territori palestinesi, in parte scoraggiando attacchi da parte di Tel Aviv e Washington, nemici giurati della rivoluzione islamica avvenuta nel 1979 con la fuga dello Shà( il re). Dal 7 ottobre lo scontro si è inasprito ulteriormente e ad aprile per la prima volta si sono verificati attacchi diretti sui territorio dei due Paesi, innescati da un attacco dell’Idf al consolato iraniano a Damasco, e più in generale dal sostegno del regime di Teheran a gruppi disposti a combattere Israele per procura: HamasHezbollah e Houthi. Azioni più che altro meramente dimostrative, quelle viste sull’asse Teheran-Tel Aviv, ma…

Israele vede da sempre l’Iran come una minaccia, a causa del suo programma nucleare e del sostegno ai gruppi armati votati alla distruzione dello Stato ebraico. La Repubblica islamica, dal suo canto, si considera il principale sostenitore della resistenza palestinese al dominio di Israele, Paese da cancellare dal mondo. Una posizione talmente rigida e pericolosa da aver fatto sì che Emirati Arabi Uniti e Barhein abbiano deciso di prendere le distanze dall’Iran, normalizzando le relazioni con Israele. Una mossa apprezzata anche da altri Stati del Golfo. Per Teheran invece, a livello internazionale, il più grande successo di Raisi è stato indubbiamente il ripristino, anche se in gran parte solo effettivamente simbolico, delle relazioni con l’Arabia Saudita.

Il percorso della politica estera iraniana continuerà sotto la guida del leader Khamenei dopo la morte del presidente Raisi: lo ha reso noto in un comunicato il Consiglio strategico per le relazioni estere, riporta l’agenzia di stampa governativa Irna. «Il presidente e il ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian (anche lui morto nello schianto) hanno fatto tutto il possibile per attuare gli interessi nazionali della Repubblica islamica e hanno compiuto sviluppi ammirevoli nella lotta contro le sanzioni tiranniche degli stranieri contro l’Iran, nonché nel sostegno al movimento di resistenza nella regione e al popolo eroe della Palestina». L’incidente è avvenuto in una zona impervia al confine con l’Azerbaijan, probabilmente a causa delle cattive condizioni metereologiche. Non ci sono prove del coinvolgimento di Israele e l’Iran non ha puntato il dito contro nessuno, ma la tivù di Stato iraniana ha definito Raisi come «martire». Se il regime di Teheran decidesse di spingere verso tale ipotesi, di cui al momento non si parla ma che rimane sottotraccia nel contesto di crisi attuale, si potrebbe arrivare a un ulteriore inasprimento delle tensioni tra i due Paesi. Con serie conseguenze in tutto il Medio Oriente.

Ogni pretesto è buono per una escolation di conflitti, e la morte di Raisi potrebbe rappresentare un ottimo spunto per chi vuole la morte anziché la vita.

Tutti i presidenti hanno espresso il loro “cordiglio” per la morte di Raisi, compreso Mattarella, tenuto alla ragion di Stato, nonostante tutti sappiamo di quali crimini e di quale oppressione il defunto presidente iranianio sia stato carnefice con la sua schiera di assassini.

Le donne in Iran festeggiano la sua morte, nella speranza che un giorno il regime cada. Purtroppo, non vorrei deludere le loro speranze, ma può solo peggiorare.

Mala tempora currunt…

(Fonte:Lettera43)

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