Da una analisi del Corriere della Sera.
Quando i lavoratori potranno andare in pensione? Nella maggior parte dei casi tra i 60 e 68 anni, in altri invece bisognerà attendere oltre i 70 anni.
La maggior parte degli italiani potrà andare in pensione tra i 60 e i 68 anni; ad ogni modo, in alcuni casi, questi tempi potranno essere allungati, con l’attesa che potrà arrivare anche oltre i 70 anni. A calcolarlo è il Corriere della Sera, che ha suddiviso i lavoratori in diverse fasce provando a ipotizzare quale sarà l’età di pensionamento in ognuna di esse.
E’ ovvio che il valore della pensione è legato ai contributi versati; meno anni si lavora e minore sarà quindi il reddito, minore anche sarà l’importo della pensione. Ogni anno questi contributi si rivalutano poi per l’andamento del Pil: minore è la crescita dell’economia del nostro Paese, minori saranno le pensioni.
Il requisito di pensione anticipata contributiva, riservato a coloro che hanno contributi versati esclusivamente a partire dal 1996, è oggi quello prevalente. Permette di andare in pensione tre anni prima (oggi a 64 anni di età con 20 di contribuzione), a patto di avere una pensione pari ad almeno 3 volte l’assegno sociale (circa 1.325 euro netti al mese). Per chi avesse una pensione inferiore all’assegno sociale (oggi pari a 534 euro al mese), si potrebbe arrivare a sfiorare perfino i 75 anni.
Se la pensione sarà superiore a circa 1.325 euro netti al mese si apriranno le porte della pensione anticipata a 64 anni, da incrementare nel tempo per l’aumento dell’attesa di vita. Per le lavoratrici la soglia invece cambia a seconda del numero dei figli: per chi ne ha uno, la soglia scende a circa 1.250 euro netti al mese (2,8 volte l’assegno sociale), mentre per chi ne ha due o più a circa 1.170 euro (2,6 volte)
Un’altra fascia è quella relativa alla Quota 103: si può anticipare il ritiro dal lavoro al compimento dei 62 anni di età e alla maturazione di 41 anni di contributi, ma si è obbligati al ricalcolo integralmente contributivo dell’assegno pensionistico. Il guadagno massimo in termini temporali è relativamente modesto per le lavoratrici (10 mesi) e di dodici mesi superiore (1 anno e 10 mesi) per gli uomini
Per il 2024 e il 2025 sarà disponibile per i lavoratori che hanno iniziato a lavorare dal 1996 in poi la cosiddetta pace contributiva, che consente di colmare buchi contributivi diversi dal riscatto di laurea, compresi tra il 1° gennaio del primo anno di contribuzione e il 2023
Venendo alla questione assegni, se si prendono in considerazione i lavoratori dipendenti, il rapporto è simile tra uomini e donne: i tassi di sostituzione oscillano infatti nei casi simulati tra poco più del 60% e l’80%: le principali differenze sono dovute alle diverse età di pensionamento. Il requisito di pensione anticipata è infatti di un anno inferiore per le donne (41 anni e 10 mesi) rispetto a quello previsto per i lavoratori (42 anni e 10 mesi)
Il valore della pensione per i lavoratori autonomi invece può variare tra poco più del 50% e l’80% sia per gli uomini che per le donne, variabilità dovuta al minore versamento di contributi rispetto a un dipendente