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Economia mondiale

«L’economia globale comincia la discesa finale verso un atterraggio morbido, con l’inflazione che diminuisce in modo costante e la crescita che regge. Ma il passo della crescita rimane lento e potrebbero arrivare delle turbolenze», prevede Pierre-Olivier Gourinchas, capo economista del Fondo monetario internazionale. Il Fmi ha appena rinfrescato il suo World Economic Outlook, dove l’occhio si posa più benevolo, rispetto alle stime precedenti, sull’andamento economico planetario. Questo scarto positivo, da cui deriva la stima di un +3,1% di aumento del Pil a livello globale (+0,2% rispetto a tre mesi fa) che è lo stesso ritmo di crescita del 2023, è reso possibile dall’inattesa tenuta degli Stati Uniti nonostante le molteplici strette monetarie della Federal Reserve (oggi la decisione sui tassi, destinati a rimanere invariati), dalla resilienza mostrata da alcuni Paesi emergenti e in via di sviluppo e dalle misure fiscali varate dalla Cina per tonificare un’economia che fatica a smaltire i postumi del Covid( con l’intoppo di Evergrande). Con le crescenti tensioni in Medio Oriente causa Hamas-Israele, restano tuttavia le incertezze legate ai prezzi energetici e delle materie prime(Arabia e Russia).

Il mondo sembra tuttavia ancora incapace di darsi una vera “scrollata”. Se verrà centrata la previsione di un +3,2% il prossimo anno, il biennio si chiuderà con tassi di sviluppo sotto la media storica (2000-2019) del 3,8%. A pesare saranno la fine dei sostegni fiscali, una produttività senza acuti e le politiche restrittive delle banche centrali che avranno ancora un impatto sulle dinamiche congiunturali.

Sulle prossime mosse dei principali istituti di emissione, l’organizzazione di Washington è sostanzialmente allineata col capo della Fed, Jerome Powell, e con la presidente della Bce, madame Chistine Lagarde. La raccomandazione è infatti quella di non far calare la spada di Damocle sul costo del denaro troppo in fretta, ma anche di non rimandare troppo a lungo l’ammorbidimento monetario. «La nostra previsione – dichiara Gourinchas – è che la banca centrale Usa comincerà a tagliare i tassi di interesse dalla seconda metà dell’anno». Ritardando rispetto alle aspettative dei mercati che peserà sulla crescita (dal 2,5% del ’23 si scenderà al 2,1% di quest’anno e all’1,7% del 2025) anche per effetto della graduale stretta fiscale e di un rallentamento della domanda aggregata sul mercato del lavoro. Il Fondo non vede invece particolarmente verde il futuro dell’Eurozona, le cui stime per il 2024 sono state ritoccate al ribasso con il Pil visto ora crescere dello 0,9% contro il +1,2% della stima di ottobre. L’espansione dell’Italia sarà sotto la media, con un aumento invariato rispetto a tre mesi prima dello 0,7%.

Come comunicato da Eurostat, l’Europa ha evitato per un soffio di scivolare l’anno scorso in recessione tecnica grazie a una crescita piatta nell’ultimo trimestre (+0,2% l’Italia secondo l’Istat, e più 0,7% l’anno scorso), dopo aver accusato una contrazione dello 0,1% fra luglio e settembre. Di fatto, lo stato di stallo dura ormai da oltre un anno, e la causa principale sta nell’ansimare della Germania. Dopo tre trimestri di stagnazione, nel quarto la Germania ha accusato una flessione dello 0,3% contro attese per un più modesto -0,1%. I 450 punti base di aumenti dei tassi da parte della Bce si stanno facendo sentire, sotto forma di una domanda interna fiacca e in rallentamento unita a investimenti deboli. La speranza è che la torre di controllo di Francoforte non faccia schiantare l’aereo al suolo.

Il futuro è come una autostrada, bisogna scegliere la corsia giusta.

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