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Vendita Poste e Stato: Giorgetti prevede incasso dal mercato di 37 miliardi

E’ iniziata l’operazione per cedere un’ulteriore quota di Poste Italiane. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti specifica: “Dobbiamo mantenere il controllo, non possiamo scendere sotto il 35%”, una percentuale che corrisponde alla quota detenuta da Cassa Depositi e Prestiti.

Ma ancora non c’è un dato esatto sulla quota della cessione e sulla tempistica: si deciderà in base al mercato, quando si otterrà il miglior risultato per il pubblico, sempre rispettando i piccoli azionisti.

Dopo l’ok del Consiglio dei Ministri al decreto che autorizza a cedere una quota della partecipazione del Tesoro, Giorgetti chiarisce che riguardo le Poste “dobbiamo mantenere il controllo, non possiamo scendere sotto il 35%”. Al momento lo Stato controlla complessivamente circa il 65% della società, di cui il 29,26% direttamente con il Ministero dell’economia e finanza e il 35% indirettamente attraverso Cassa depositi e prestiti.

L’incasso per lo Stato dalla vendita di una quota potrebbe oscillare tra un minimo di 1,7 miliardi di euro, nel caso in cui sul mercato andasse il 13,26% del capitale (lasciando in mano statale il 51%), e un massimo di oltre 3,5 miliardi, qualora lo Stato vendesse l’intera quota del 29,26% detenuta direttamente dal Mef.

Per gli esperti il comunicato con cui il governo ha annunciato l’avvio dell’iter lascia la porta aperta sia al mantenimento di “una maggioranza assoluta”, dunque superiore a 50%, sia a un controllo, anche indiretto, attraverso una partecipazione superiore al 30%. “Strategicamente è sempre importante avere il controllo dell’azienda” è stato detto.

“Alea iacta est”( il dado è stato lanciato, verrebbe da dire in proposito) i prossimi step saranno la nomina degli advisor finanziari e legali del Mef e di Poste, oltre al consorzio di banche per il collocamento, l’operazione potrebbe avvenire tra aprile e maggio, dopo la presentazione del nuovo piano strategico previsto per il prossimo 20 marzo. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, spiega che il governo ha autorizzato il Mef a procedere “nei tempi che ritiene utili, e nelle forme che ritiene migliori”, per vendere parte delle quote “mantenendo il controllo pubblico di una azienda strategica che va molto bene”. Non c’è, quindi “nessuna svendita”, tanto che fonti del Mef precisano che la nuova privatizzazione di Poste avviene nell’ambito di una più ampia “riorganizzazione delle partecipazioni pubbliche”, in cui il governo valuterà se dismettere alcuni asset non essenziali, se vendere alcune quote di altre società, mantenendone il controllo se strategiche, o se eventualmente aumentare quelle in suo possesso. La strategia generale è di fare cassa per ridurre il debito.

Ai sindacati tuttavia non va bene di privatizzare per fare cassa, e lamentano l’assenza di politiche industriali per rilanciare l’occupazione e l’economia italiana. Per questo Cgil, Cisl e Uil hanno inviato una lettera al ministro Giorgetti e all’amministratore delegato di Poste, Matteo Del Fante, chiedendo un incontro “urgente” per fare il punto sulla vicenda che rischia di toccare da vicino le vite dei lavoratori.

Vedremo.

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