Camnago di Lentate sul Seveso. Una coppia di anziani è stata sequestrata e picchiata da tre ladri che erano entrati in casa loro alla ricerca di una cassaforte, ma avevano sbagliato casa, e sono scappati senza alcun bottino.
Poco dopo le otto di sera, i due anziani ultrasettantenni avevano finito di cenare e rassettare: stavano per portare fuori la spazzatura quando tre persone, con il volto coperto, hanno fatto irruzione in casa. Hanno iniziato a prenderli a schiaffi, pugni e calci. Poi hanno iniziato col chiedere ripetutamente: “Dov’è la cassaforte?”. Le vittime hanno tentato di spiegare di non possedere alcuna cassaforte in casa, ma nonostante questo l’aggressione da parte dei malviventi è durata più di un’ora.
L’anziano avrebbe provato anche offrire loro denaro e monili, ma invano. Solo dopo aver messo a soqquadro la casa, hanno capito che in effetti non c’era alcuna cassaforte. I tre quindi hanno rinunciato al colpo e sono scappati senza alcun bottino come “premo”. Gli anziani, pieni di lividi, doloranti e spaventati, sono riusciti poi a chiamare i Carabinieri, giunti sul posto per i rilievi necessari. Giunti anche i soccorritori del 188, ma gli anziani, seppur malconci, hanno rinunciato al ricovero.
Il padrone di casa, G.R. racconta la terribile esperienza vissuta: «Avevamo appena finito di cenare e stavamo rassettando. Quando sono andato in salotto, mia moglie è uscita dalla porta finestra per mettere fuori la spazzatura ed è stata immediatamente aggredita da tre figure scure col volto coperto. L’hanno sbattuta a terra, schiacciandole la bocca per non farla parlare, poi si sono rivolti verso di me e hanno fatto lo stesso, costringendomi sul pavimento. Mi tenevano bloccato e mi intimavano di svelare la posizione della cassaforte. Ma noi in casa non abbiamo una cassaforte. Ho provato a dirlo, a spiegare che avrei dato loro tutto il contante che avevo, ma hanno continuato a picchiarmi, con calci e pugni». Poi i tre violenti passano alle minacce e l’anziano prosegue: «Un colpo dopo l’altro, non ce la facevo più a sopportare, hanno detto che mi avrebbero tagliato la gola. Ho ripetuto ancora una volta che non abbiamo una cassaforte e mi hanno picchiato ancora più forte. Gli ho detto che se l’avessimo avuta gliel’avrei detto, che avrei potuto dargli tutto il contante e gli ori che avevamo addosso, qualche euro per le spese quotidiane, ma hanno continuato ad usare la violenza. Alla fine ci hanno chiuso in una stanza, guardati a vista da un uomo, mentre gli altri due setacciavano la casa. Erano tutti coordinati, credo una banda organizzata, non semplici topi d’appartamento. Parlavano italiano, ma dall’accento ho intuito fossero dell’est. Uno comunicava all’esterno con una radiolina. Non hanno voluto nemmeno i contanti, cercavano i gioielli in cassaforte. Alla fine se ne sono andati portando via solamente il registratore delle immagini delle telecamere».
Il signor G.R. conclude, ancora visibilmente spaventato: «Non avevamo più speranze, pensavo ci avrebbero ammazzati di botte. È stato un terribile incubo. Questa è l’Italia in cui viviamo, in cui non possiamo stare sicuri nemmeno nelle nostre case, con allarmi e telecamere».
Questa è l’Italia in cui viviamo, ha giustamente detto.
(Fonti:IlCittadinoMonzaBrianza/Fanpage)