Letteralmente epifania significa “apparizione, manifestazione”. Con il tempo la parola ha assunto una valenza religiosa: manifestazione della divinità. Nella religione cristiana rappresenta invece la prima apparizione di Cristo, la rivelazione.
Precisamente il termine “epifania” deriva dal greco antico. Precisamente dal verbo epifàino (ἐπιφαίνω) che significa “mi rendo manifesto”. Deriva inoltre dal sostantivo femminile epifàneia (ἐπιφάνεια), il cui significato è manifestazione, apparizione, venuta, presenza divina. A partire dai tempi di Giovanni Crisostomo il termine assunse una valenza associata alla natività di Gesù. A noi forse servirebbe, dati i tempi attuali, una Eu-fania( una buona apparizione).
Non tutti festeggiano l’Epifania il 6 gennaio, 12 giorni dopo Natale (il 25 dicembre). Le chiese orientali la celebrano il 19 gennaio mentre il Natale cade il il 7 gennaio: questo perché seguono il calendario giuliano e non quello gregoriano. La data simbolica del 6 gennaio fu scelta nel IV secolo, quando il cristianesimo assorbì la tradizione di un antico rito pagano con protagonista Diana. Nell’antica Roma la dea veniva appunto festeggiata 12 giorni dopo il solstizio d’inverno. Ecco quindi il ritorno del numero simbolico 12.
Il termine Befana è invece profano ed è usato impropriamente. Si tratta di una corruzione lessicale di Epifania, dal greco ἐπιφάνεια, epifáneia, attraverso bifanìa e befanìa. La befana rappresenta una figura folcloristica tipica di alcune regioni italiane e diffusasi poi in tutta la penisola.
Nei riti pagani che venivano compiuti tra il X e il VI secolo a.C., si celebrava la morte e la rinascita della natura. I Romani per avere dei buoni raccolti durante l’anno erano soliti invocare una figura femminile che volava sui campi coltivati. Questa figura fu dapprima identificata nella dea Diana (dea della caccia e della vegetazione), poi in altre divinità minori. Per i celtici, invece, esisteva la figura di Perchta, una personificazione femminile dell’inverno, una donna anziana vestita con abiti logori e con scarpe rotte ai pidi. e spesso viene rappresentata come una vecchia gobba con naso adunco, capelli bianchi spettinati e piedi abnormi, vestita di stracci e scarpe rotte. Con l’avvento del cristianesimo, la figura sopravvisse in qualche modo e la sovrapposizione delle varie figure femminili diede vita a quella di una strega buona e poi della vecchietta che a bordo di una scopa consegna doni e dolcetti ai bimbi.