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86 mln sequestrati a Ups: “Lavoratori controllati da un software e ‘finte’ cooperative per pagare meno”

La cooperative/srl, secondo l’accusa, sarebbero usate solo come “società serbatoio” di manodopera “a basso costo”. Tutti i lavoratori controllati ossessivamente dagli occhi elettronici.

Il Giudice per le indagini preliminari di Milano, Luca Milani, ha convalidato il sequestro preventivo d’urgenza da 86,4 milioni di euro disposto dalla Procura di Milano nei confronti della multinazionale della logistica Ups. Il decreto che duspone il sequestro di “denaro o altri titoli” del 23 dicembre scaturisce dale indagini dei pm della Direzione distrettuale antimafia di Milano, Paolo Storari e Giovanna Cavalleri, che riguardano una presunta frode da 480 milioni di euro negli appalti di lavoro di Ups-United Parcel Service Italia srl, per la somministrazione illecita di manodopera di 30.625 dipendenti in appalto nel periodo 2017-2022. Sono indagati per false fatture il 57enne e la 40enne tedeschi Georg Karl Hablkorn e Martina Britta Weber e il 56enne spagnolo Francisco Castro Conejo, i tre ex rappresentanti legali di Ups nel periodo d’indagine.

La multinazionale con un giro d’affari in Italia da 2 miliardi è indagata per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti. L’inchiesta del Nucleo Pef della Guardia di Finanza di Milano ha messo sotto la lente di ingrandimento anche il “controllo a distanza” a cui sono sottoposti i lavoratori degli appalti. Ci sarebbe infatti un “software che dialoga direttamente con l’operatore” ed è controllato da Ups, l’unica ad avere il potere di “gestire malfunzionamenti” o “correggere informazioni” del sistema. “I ritmi e le modalità di lavoro” vengono “dettati” dalla multinazionale in una “relazione informatizzata”. “Il programma dice al lavoratore cosa deve essere spostato, dove si trova e dove deve essere portato” e raccoglie “dati” su efficienza, turni, spostamenti di volume di merce.

“Diversi dipendenti – scrive il gip che ha ‘sposato’ l’impianto dei pubblici ministeri di Milano, Paolo Storari e Giovanna Cavalleri – hanno dichiarato di essere controllati da Ups anche tramite gps installato sui palmari”, come ad esempio il ‘Diad’ per i drivers, il palmare per i magazzinieri e a cui si aggiungono sistemi audio collegati a procedure informatizzate per chi smista i pacchi “small” sul nastro e le consolle gestionali.

Oltre alle tecnologie i lavoratori sarebbero controllati da Ups anche con “telecamere all’interno degli stabilimenti di smistamento dove tra l’altro sono sottoposti alla vigilanza del personale di security interno”. “Sostanzialmente – si legge – gli appaltatori che lavorano per Ups agiscono come un’agenzia di somministrazione (senza tuttavia esserlo)” e il “loro ruolo” è quasi “simbolico” perché si “limitano a mettere i propri dipendenti a disposizione di una struttura predefinita e preorganizzata”. “Questioni appena tratteggiate” che “oltre a rivestire una serie di conseguenze in ambito giuslavoristico e strettamente tributario – aggiunge il Gip – assumono rilievo penale” rispetto all’esistenza di contratti d’appalto “fittizi” fra Ups e le cooperative/srl che, secondo l’accusa, sarebbero usate solo come “società serbatoio” di manodopera “a basso costo” e “fuori dalle condizioni di legge” per la “transumanza” degli operai fra una e l’altra e per evadere le imposte. Sentito dai finanzieri, uno dei lavoratori ha dichiarato che: “Quello che sentivo dire quando si cambiava era per una questione tributaria. Conveniva chiudere e azzerare le tasse”.

(Fonte:milanoToday)

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