Nel 2020 una delle tante conseguenze della pandemia è stata la forte contrazione del numero di persone che viaggia dalle regioni del Sud verso il Nord per curarsi. In meno di due anni quel numero è tornato ad aumentare in modo significativo: moltissime persone che abitano in Sicilia, Calabria, Campania, Basilicata e Puglia si sono rivolte agli ospedali pubblici e privati delle regioni settentrionali per operazioni complesse, ma anche per esami e semplici terapie.
La cosiddetta “mobilità sanitaria” è un problema storico, sintomo di un Servizio Sanitario Nazionale squilibrato che non garantisce ovunque lo stesso livello di qualità. Si distingue in mobilità sanitaria attiva, cioè la capacità delle strutture sanitarie di una regione di attrarre pazienti da altre regioni, e passiva, cioè la necessità di molti pazienti di spostarsi fuori regione a causa della mancanza di strutture specializzate, per via di inefficienze e tempi di attesa assurdi. La differenza tra mobilità attiva e passiva mostra la capacità di una determinata regione di attrarre pazienti, ed è considerata quindi un indicatore della qualità del servizio sanitario offerto.
Un’altra classificazione importante riguarda la distinzione tra mobilità casuale, cioè quella relativa ai ricoveri d’urgenza dovuti a emergenze, e la mobilità effettiva, prodotta dalla precisa scelta dei pazienti di trasferirsi per qualche tempo fuori dalla regione per un’operazione o per una terapia.
Per certi versi la mobilità sanitaria è un fenomeno positivo, perché aiuta a garantire il principio di universalità del Servizio sanitario nazionale. Ma ci sono anche molte conseguenze negative: le regioni da cui partono molti pazienti fanno fatica a sviluppare servizi d’eccellenza e spesso la mobilità sanitaria nasconde una quota di operazioni e ricoveri non necessari, inutili, e difficili da controllare.
Le principali regioni attrattive sono Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, mentre quelle da cui i pazienti si muovono sono Campania, Calabria e Sicilia. Nel 2022 l’Emilia-Romagna e la Lombardia hanno raggiunto valori simili con un saldo positivo rispettivamente di 337 e 361 milioni di euro. Le strutture più attrattive per la mobilità dei ricoveri sono gli ospedali privati accreditati, dove sono stati assicurati tre quarti delle prestazioni definite ad “alta complessità” totali, cioè principalmente le operazioni. Tra gli interventi più richiesti ci sono la sostituzione di articolazioni e protesi, interventi alle valvole cardiache, interventi su intestino crasso e tenue.
Ci sarebbe da domandarsi le motivazioni di tali scelte, se non fosse che è troppo palese la necessità di avere garantita una assistenza seria e professionale che purtroppo al Sud non è alla stessa altezza di quella del Nord.
E non sempre si parla di mobilitazione nazionale, dovendo ricorrere, per operazioni riguardanti patologie rare o complicate, ai classici Stati Uniti, specialmente l’Hopkins di Boston.
E dire che spesso sono gli stranieri provenienti da zone disastrate o di guerra a rivolgersi alla Sanità Italiana.
(Fonte:ilPost)