Migliaia di islamici sono scesi in piazza stamattina, per protestare contro la chiusura di due centri di preghiera risultati non in regola. E le polemiche dureranno a lungo. Questo è quanto è avvenuto nelle scorse ore a Monfalcone (prov. Gorizia) dove si sono ritrovati migliaia di fedeli provenienti dal Friuli Venezia Giulia, dalla Romagna e dal Veneto. I manifestanti hanno sventolato bandiere tricolori e dell’Unione Europea, esponendo in testa al corteo uno striscione con scritto: “siamo tutti monfalconesi”. “Siamo cittadini italiani, paghiamo le tasse, parliamo correttamente l’italiano e contribuiamo alla produzione del Paese – hanno attaccato alcuni manifestanti, secondo quel che riporta l’agenzia Ansa – chiudere i nostri luoghi di preghiera è anticostituzionale. Ci hanno provato anche in altre città ma ci siamo rivolti al Tar, che ci ha dato ragione”. Una manifestazione che l’amministrazione comunale di centrodestra non ha tuttavia gradito, reputandola pretestuosa.
“In questa vigilia natalizia – ha denunciato il sindaco Anna Cisint – Monfalcone ha avuto la più evidente dimostrazione della volontà di prevaricazione da parte della comunità musulmana per imporre il proprio modello islamico più integralista”.
Tutto è iniziato nei giorni scorsi, quando l’amministrazione aveva disposto la chiusura di due centri islamici in quanto risultati essere “non in regola con prescrizioni urbanistiche e sull’incolumità pubblica”. E stamattina, come detto, numerosi fedeli islamici hanno manifestato sul territorio comunale. La sindaca Cisint ha però puntato il dito in primis contro l’atteggiamento di totale chiusura al dialogo che avrebbero mostrato i rappresentanti della comunità islamica locale: a seguito della decisione di chiudere quelle che erano di fatto due moschee abusive, il parroco di Monfalcone aveva a quanto pare invitato i musulmani ad utilizzare all’occorrenza l’oratorio San Michele.
Un’offerta volta a mettere a disposizione dei fedeli islamici un luogo in cui poter pregare e professare la loro fede religiosa, ma che sarebbe stata tuttavia rifiutata. E Cisint ha attaccato sotto questo aspetto Bou Konate, presidente onorario dell’associazione Darus Salaam. “L’unico soggetto che fino ad oggi ha vietato di pregare è stato Konate – ha scritto Cisint sulla propria pagina Facebook, ripercorrendo gli eventi – rifiutando l’offerta di uso dell’area esterna dell’oratorio che il parroco ha fatto”. Il sindaco ha quindi ribadito di non aver mai vietato la preghiera alla comunità islamica, chiedendo semplicemente il semplice rispetto delle normative vigenti per quel che riguarda gli immobili che ospitavano i centri islamici in questione. Per un dialogo che non è di fatto mai decollato. “In precedenza si è rifiutata ogni forma di disponibilità e dialogo – ha aggiunto, in un comunicato riportato dall’Ansa – prevalgono gli atteggiamenti di una sfida fondamentalista che assume tratti inaccettabili allorché si pone in contrasto con le leggi e le norme italiane che tutti i cittadini sono chiamati a rispettare”.
Dopo aver bollato la manifestazione odierna come “un’indecorosa protesta basata su presupposti inquietanti, che preoccupano per il loro richiamo all’intolleranza verso l’accettazione dei nostri presupposti di convivenza sociale e legalità”, il sindaco non ha risparmiato una durissima critica al Partito Democratico e alla sinistra, i cui esponenti hanno a quanto sembra aderito alla protesta con gli islamici. “La sinistra, PD compreso, ritiene di stare dalla parte di chi picchia le donne, le vela completamente già in tenera età, le vuole spose con matrimoni combinati ancora minorenni – ha scritto in un post sulla propria pagina social – e soprattutto sta dalla parte di coloro che non accettano di rispettare la legge italiana”. E proprio su quest’ultimo punto ha insistito Fratelli d’Italia, per una vicenda che aveva già travalicato i confini regionali.
“Il Pd e la sinistra nostrana non perdono occasione per far prevalere l’ideologia immigrazionista anche a scapito della legalità – hanno dichiarato all’AdnKronos i deputati FdI Sara Kelany e Walter Rizzetto – è inaccettabile che a Monfalcone rappresentanti di sinistra delle istituzioni territoriali si schierino e manifestino con la comunità islamica, che con arroganza vorrebbe utilizzare come luoghi di culto delle aree che non ne hanno le caratteristiche urbanistiche. E che per questo sono state chiuse con ordinanze dirigenziali”. I due parlamentari hanno inoltre ricordato, al pari del sindaco di Monfalcone, la proposta rifiutata dai rappresentanti della comunità islamica.
E hanno ribadito l’importanza del rispetto trasversale della legge. “Non si può pretendere di violare le regole in nome di un’ipocrita difesa del diritto di esercizio del culto. Alla comunità islamica di Monfalcone era stato anche offerto dai parroci del luogo l’utilizzo di oratori di proprietà della chiesa – ha chiosato – e che quest’offerta è stata rifiutata. Dunque è evidente che il tema non sia affatto la libertà di culto, che va sempre difesa e protetta, ma la volontà di imporre i propri desiderata anche contro le nostre leggi. Questo è sintomo di una tendenza al separatismo islamico che va condannato e arginato”.
Effettivamente sembra fin troppo una coincidenza la manifestazione degli islamici in questo periodo, rafforzando ancor di più le convinzioni da luogo comune che la gente ha sull’Islam, quindi.
Che si voglia strumentalizzare la questione, questo è fuor di dubbio, vista l’insistenza da entrambe le parti nel sostegno alle proprie ragioni.
E’ una polemica, ripeto, che durerà un bel po’ prima di “alleggerirsi”.
Parte dell’Islam, va detto per dovere di cronaca, sia per tradizione sia per credo, è palesemente contro le leggi della Repubblica Italiana. Ma la Costituzione stessa ammette la libertà di Culto.
Cosa fare? E’ una annosa questione su cui la Corte Costituzionale non si è mai veramente pronunciata.
Di certo, c’è alla base una concezione patriarcale e arcaica, con le donne in secondo(forse terzo, o quarto) piano.
(Fonti:Ansa/ADN-Kronos)
(fonte:Ansa)