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Delitto di Saman: ergastolo ai genitori, 14 anni allo zio. Il padre in aula: “Non l’ho uccisa”

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La Corte di Assise di Reggio Emilia emette il verdetto. Il padre e la madre condannati per omicidio, con l’unica aggravante del legame famigliare. Assolti invece per soppressione di cadavere. I cugini assolti da tutte le accuse e liberati.

Ergastolo ai genitori di Saman Abbas, la ragazza pakistana uccisa a Novellara. Questa la sentenza emessa dalla Corte di Assise di Reggio Emilia, dopo oltre quattro ore di camera di consiglio. Carcere a vita dunque per il padre, Shabbar Abbas, detenuto, e la madre Nazia Shaheen, latitante.

I giudici hanno inflitto inoltre 14 anni allo zio, Danish Hasnain, e hanno assolto i cugini, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, dei quali è stata ordinata l’immediata scarcerazione. I due sono usciti dall’aula in lacrime, abbracciando i loro difensori. Tutti gli imputati, eccetto la madre, erano presenti alla lettura della sentenza.

Lo zio Danish è stato condannato per omicidio e soppressione di cadavere ma senza aggravanti. L’uomo, pur essendo stato riconosciuto autore materiale dell’omicidio, ha beneficiato dello sconto di pena dovuto al rito abbreviato, anche se i giudici glielo avevano negato. Questo perchè, ha spiegato il suo difensore Liborio Cataliotti, sono venute meno le aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti e futili, che avrebbero impedito il rito, e sono state riconosciute le attenuanti generiche.

Sono cadute le aggravanti contestate (premeditazione e motivi abietti), con l’eccezione di quella del legame familiare, contestata ai genitori. I genitori dunque sono stati condannati per il reato di omicidio con un’unica aggravante, ma assolti dalla soppressione di cadavere per non aver commesso il fatto. Tutti gli imputati sono stati assolti perché il fatto non sussiste dall’accusa di sequestro di persona.

Nessun risarcimento al fratello e al fidanzato di Saman, costituitisi entrambi parte civile nel processo. Risarcimenti sono stati invece concessi alle associazioni sulla violenza contro le donne (25mila euro ciascuno), a quelle islamiche (10mila euro), all’Unione Comuni bassa Reggiana (30.000) e al Comune di Novellara (50.000).

L’omicidio è di due anni fa

La diciottenne fu uccisa nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 a Novellara (Reggio Emilia), proprio ieri avrebbe compiuto 21 anni.

I giudici della Corte d’Assise di Reggio Emilia sono entrati in camera di consiglio per decidere il verdetto subito dopo l’ultima udienza, in mattinata. La presidente Cristina Beretti non aveva dato indicazioni di orario.

Imputati per omicidio e soppressione di cadavere davanti alla Corte di Assise di Reggio Emilia cinque familiari della vittima: il padre Shabbar Abbas, lo zio Danish Hasnain, i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, tutti detenuti e presenti in tribunale e la madre Nazia Shaheen, latitante in Pakistan.

Ergastolo ai genitori di Saman Abbas, la ragazza pakistana uccisa a Novellara. Questa la sentenza emessa dalla Corte di Assise di Reggio Emilia, dopo oltre quattro ore di camera di consiglio. Carcere a vita dunque per il padre, Shabbar Abbas, detenuto, e la madre Nazia Shaheen, latitante.

L’ultima udienza,questa mattina

L’udienza ha preso il via in un’aula affollata da giornalisti e operatori, con le controrepliche delle difese. Al termine delle arringhe ha preso la parola Shabbar Abbas, per dichiarazioni spontanee. 

Poi i giudici, presidente Cristina Beretti, se non ci saranno colpi di scena, entreranno in camera di consiglio. La Procura reggiana aveva chiesto condanne all’ergastolo per i genitori30 anni per gli altri.

Le dichiarazioni spontanee del padre di Saman: “Contro di me tante falsità”

“Ho sentito tante parole false. Non è vero che sono persona ricca, non è vero che sono una persona mafiosa. Non è vero che ho ammazzato una persona qua e una in Pakistan. Non è vero che sono andato a casa di Saqib (il fidanzato di Saman, Ndr) a minacciare. Anche questo è falso, come quelli che dicono ‘ha ammazzato la figlia ed è scappato via. È falso che il 29 aprile ho scavato una buca e che ho portato lo zaino di mia figlia in casa”. Lo ha detto Shabbar Abbas, padre di Saman, nelle dichiarazioni spontanee nell’aula della Corte di assise di Reggio Emilia, parlando in italiano.

“Anche io voglio liberarmi di tanti mesi di peso. Figlia mia morta, mia famiglia finita per me. Io dico tutta la verità”. Ha detto l’uomo, scandendo le parole in un italiano imperfetto. “Saman stava sempre chiusa? No, andava per Novellara”, ha detto, continuando a ribattere a quelle che per lui sono falsità. “Ho sentito mio figlio dire che ho tirato fuori un coltello, che lo picchiavo. Signori giudici, nella mia vita non ho mai picchiato nessuno. Non ho mai picchiato mia figlia o figlio o qualcun altro. Ho sentito tante parole false che mi fanno sentire molto male”.

“Ho sentito parlare di un matrimonio combinato, anche questo non è vero. Lei era contenta”, ha continuato il padre di Saman parlando delle nozze con un parente in Pakistan che per l’accusa sarebbe stato combinato dalla famiglia.

“Io non sapevo perché mia figlia veniva portata via dai servizi sociali”

A proposito degli interventi dei servizi sociali il padre di Saman ha dichiarato: “Quando andavo dai carabinieri, mi dicevano ‘aspetti fuori. Vai a casa’. Pensavo che fosse perché ero straniero, pachistano e che a loro non fregava niente. Quando tornavo a casa, mia moglie lei mi diceva ‘cosa hanno detto?’, e io le dovevo dire delle bugie, le dicevo che la settimana dopo avremmo saputo. Lei piangeva, batteva la testa contro il muro”, ha raccontato Shabbar Abbas in un passaggio delle dichiarazioni. “Signori giudici, questi servizi sociali non pensano ai minorenni, non li trattano bene. Questi escono, fumano. È un disastro. Rovinano la vita dei bambini”, ha aggiunto.

“Io ero contento che lei non andasse a scuola, non voglio dire bugie”

“La mia famiglia è venuta qui il 31 luglio 2016 e i  bambini dopo due mesi hanno iniziato ad andare a scuola: Saman andava sempre a scuola con suo fratello, mentre io li portavo qualche volta. Lei ha studiato un anno poi era ora di andare alle superiori. Lei mi ha chiesto: papà come vado? Prendo la bici e dopo prendo treno? Lei diceva che senza macchina non voleva andare a scuola, ma io dicevo che senza patente non poteva usare l’auto. Lei diceva che voleva studiare”.

“Non ho mai pensato di uccidere mia figlia, neanche gli animali lo fanno”

Se la prende con i giornalisti per averlo definito l”assassino della figlia’. “Questa è l’etichetta che mi hanno dato i giornalisti anche se per me Saman era il mio cuore e il mio sangue e io non sono un animale”.

Poi accusa il figlio per le dichiarazioni rilasciate nel processo: “La sua lingua ha parlato, il suo cuore non ha parlato. Lui ha detto tutte le bugie, quelle dell’avvocato, dei servizi sociali, dei carabinieri, quelle che avete sentito tutti. Non ha detto la verità. È un ragazzo così”.

“Mia figlia è morta, la mia famiglia è finita per me”, ha aggiunto l’imputato, sottolineando: “Anche in carcere la mia vita non è bella, sono senza figlia, senza figlio, senza moglie e dicono che sono il cane che ha ucciso la figlia. Ma questo non è nemmeno da pensare”. Shabbar ha più volte ribadito di aver ascoltato “molte parole false”. ”Anche io vorrei sapere chi  l’ha ammazzata, con chi sarebbe dovuta andare quella notte. Mia figlia non c’è più, mia figlia è morta, noi siamo sempre stati in casa a  piangere”. Infine: “Alla corte dico: fate giustizia come volete, io non dico niente“.

(Fonte:rai)

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