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Processo vaticano, il cardinale Becciu condannato a 5 anni e 6 mesi e interdizione perpetua dai pubblici uffici.


Il cardinale Angelo Becciu è stato condannato a 5 anni e sei mesi di reclusione con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e al versamento di 8mila euro di multa, in applicazione dell’ottocentesco Codice Zanardelli, dismesso dallo Stato italiano ma ancora in vigore nei processi penali vaticani. Il promotore di giustizia, Alessandro Diddi, aveva chiesto sette anni e tre mesi. E’ questo il contenuto della sentenza di primo grado del processo sulla compravendita di un palazzo a Sloane avenue 60, al centro di Londra, con i soldi della Segreteria di Stato, letta dal presidente del Tribunale Vaticano Giuseppe Pignatone.

l Tribunale del Vaticano ha condannato il cardinale Angelo Becciu a 5 anni e 6 mesi di reclusione nell’ambito del processo per lo scandalo finanziario legato alla compravendita del palazzo di Londra. L’accusa aveva chiesto 7 anni e tre mesi. Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione, legali del cardinale Becciu, hanno reagito così alla sentenza: “C’è profonda amarezza, dopo 86 udienze, nel prendere atto che la totale innocenza del cardinale Becciu non è stata proclamata dalla sentenza, nonostante tutte le accuse si siano rivelate completamente infondate. Le prove emerse nel processo, la genesi delle accuse al Cardinale, frutto di una dimostrata macchinazione ai suoi danni, e la Sua innocenza, ci consentono di guardare all’appello con immutata fiducia”. “Nonostante la pronuncia ci amareggi profondamente, abbiamo una solida certezza: il Cardinale Becciu, fedele servitore del Papa e della Chiesa, ha sempre agito nell’interesse della Segreteria di Stato e non ha avuto per sé e per i suoi familiari alcun vantaggio – continuano gli avvocati -. Rispettiamo la sentenza, leggeremo le motivazioni, ma rimaniamo certi che verrà prima o poi riconosciuta l’assurdità delle accuse contro il Cardinale e dunque la verità, Sua Eminenza Becciu è innocente”.

Ci sono voluti quasi cinquecento anni per rivedere un cardinale punito col carcere dalla Chiesa cattolica. Quello che è toccato a Giovanni Morone, accusato nel 1557 da papa Paolo IV di essere in odore di eresia luterana, è capitato ieri ad Angelo Becciu, dal Tribunale Vaticano giudicato colpevole di abuso di ufficio e peculato nella vicenda della compravendita del Palazzo londinese.

Cinque ore di camera di consiglio, dieci imputati per reati che vanno dall’estorsione al riciclaggio, 69 testimoni, 86 udienze: sono i numeri del ’processo del secolo’, come è stato definito entro le mura vaticane, durato oltre due anni e mezzo, e con alla sbarra – una prima volta nella storia del tribunale d’Oltretevere istituito nel 1929 – un “principe” della Chiesa, l’ex sostituto agli Affari generali della Segreteria di Stato.

Se Morone trascorse ventiquattro mesi dietro le sbarre di Castel Sant’Angelo, senza un verdetto passato in giudicato e prima di essere riabilitato ed assurgere a protagonista del Concilio di Trento, Becciu – assente nella Sala polifunzionale dei Musei vaticani durante la lettura della sentenza – per il momento resta libero. La condanna non è definitiva.

Il legale difensore Fabio Viglione dichiara di rispettare la sentenza, “ma certamente faremo appello, perché ribadiamo l’innocenza del cardinale”. Qualora la detenzione venisse ribadita anche dalla Corte d’Appello vaticana, Becciu potrà comunque sperare nella grazia concessa dal Papa, sulla falsariga di quanto fece Benedetto XVI nei confronti dell’ex maggiordomo Gabriele per il caso Vatileaks. La possibilità che le prigioni vaticane restino vuote è data come molto probabile. Così come il fatto che Becciu, privato da Francesco delle prerogative del cardinalato nelle more del processo, faccia il suo ingresso in Cappella Sistina per eleggere il successore del gesuita, nonostante la condanna non cancelli il suo diritto/dovere di voto del vicario di Cristo. E’ paradossale.

Il porporato è stato giudicato in primo grado colpevole di aver favorito il broker(intermediario di affari) Raffaele Mincione nell’ambito dello scandalo finanziario legato all’operazione di acquisto del palazzo di Londra a Sloane Avenue. Comprato dalla Segreteria di Stato nel 2014, prima metà, e poi interamente quattro anni più tardi per la cifra di 300 milioni di euro, l’immobile è stato definitivamente ceduto. Al contempo, ha retto l’accusa di peculato contro Becciu per i soldi della Segreteria di Stato, da un lato, destinati alla liberazione di una suora rapita in Mali (575mila euro) e poi in parte confluiti in spese voluttuarie di un’altra imputata nel processo, la manager Cecilia Marogna, e, dall’altra, finiti nelle casse di una coop di un fratello di Becciu (in totale 125mila euro).

A lungo il processo si è soffermato sul memoriale di monsignor Alberto Perlasca, ex capo ufficio amministrativo della Segreteria di Stato e una delle cinque parti civili del dibattimento, insieme alla stessa Segreteria, all’Apsa, allo Ior e all’Asif. Per la stampa è stato lui “il grande accusatore” del processo, anche se Diddi ha sostenuto che il memoriale “non è la pietra angolare dell’accusa”.

Con la condanna di Becciu si conferma la tesi secondo la quale per papa Francesco non esistono più ’immunità’, morali o giuridiche, per i porporati. Ne sanno qualcosa Tarcisio Bertone, rimbrottato in pratica urbi et orbi per le alte spese di ristrutturazione del suo lussuoso attico, Theodore Edgar McCarrick, dimesso dallo stato clericale per abusi sessuali, e di recente l’antiPapa, Raymond Burke, lasciato senza appartamento e stipendio, perché, stando una confidenza di Bergoglio al biografo Austen Ivereigh, li avrebbe usati addirittura contro la Chiesa.

“Il processo Becciu dimostra che il Papa crede nell’autonomia della giustizia vaticana cui attribuisce il compito di decidere in autonomia – chiarisce Pierluigi Consorti, docente di Diritto Canonico all’Università di Pisa e presidente dei canonisti italiani –. Prima i reati commessi in Vaticano erano passati sotto silenzio oppure nei casi più eclatanti perseguiti, per delega, dallo Stato italiano. I cardinali di Francesco vanno in bicicletta, come Matteo Zuppi, e riallacciano i fili della corrente elettrica al pari di Konrad Krajewski. Chi era abituato agli attici sfarzosi o al sine cura resta in panchina. E, qualora commettano reati, sanno che il Papa non li proteggerà, anzi”.

Comunque di porporati di lusso ne restano tanti, eccome. Siamo ancora lontani dal Verbo annunciato quasi duemila anni fa. Nei secoli della Storia la Chiesa si è macchiata dei migliori crimini e inganni. C’è stato chi ne ha approfittato del suo alto ruolo in Vaticano e non, e chi, nel massimo dell’umiltà, ha seguito i valori universali che tutti noi dovremmo seguire per definirci “cristiani”. E’ grazie agli uomini e alle donne di buona volontà che ancora esiste la Fede. Se dovessimo far riferimento a episodi scandalosi inenarrabili con al centro illeciti disgustosi come pedofilia e dirottamento di fondi benefici, beh, non esisterebbe più il Vaticano. E sarebbe davvero un peccato.

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