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Israele e Hamas: ancora scontri.

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In Israele suonano le sirene d’allarme nella zona di Netiv HaAsara e al confine con il Libano. Ostaggi uccisi per errore, proteste a Tel Aviv. Iran: “Eseguita condanna a morte di una spia del Mossad”.

Sarebbero decine i palestinesi rimasti uccisi e feriti in bombardamenti israeliani che hanno colpito Gaza. L’agenzia palestinese “Wafa” parla di almeno 14 morti in attacchi aerei che hanno colpito due case nel nord di Gaza e di altre decine di vittime a causa del bombardamento di un’altra abitazione a Jabalia. Secondo la Wafa ci sono anche decine di persone in trappola sotto le macerie e fra le vittime ci sono donne e bambini.

Stamani, stando al “Times of Israel”, dopo una ‘pausa’ di sole 14 ore, sono tornate a suonare le sirene per l’allarme antiaereo nella zona di Netiv HaAsara, vicina a Gaza.

Sirene per l’allarme antiaereo anche nel nord di Israele. Secondo le notizie del “Jerusalem Post”, l’allerta è iniziata nella zona di Zar’it, vicino alla linea di demarcazione del confine con il Libano.

Cresce intanto la rabbia dei parenti degli ostaggi tenuti prigionieri nella Striscia di Gaza dopo la notizia della morte di tre persone rapite, uccise in un “tragico incidente” dai soldati israeliani (fuoco amico). “Nonostante il grande disastro, nessuno del gabinetto di guerra ha parlato con le famiglie, nessuno ha spiegato come evitare il prossimo disastro” ha denunciato Haim Rubinstein, un portavoce dei familiari degli ostaggi.

In centinaia sono scesi in piazza nella notte a Tel Aviv per una protesta dopo la notizia della morte nel nord della Striscia di Gaza dei tre ostaggi. Immagini diffuse dalla tv israeliana hanno mostrato una folla radunata nel centro della città bloccando le strade e la richiesta al governo di intervenire per il rilascio immediato di tutte le persone ancora tenute prigioniere dall’attacco del 7 ottobre in Israele.

La folla innalzava cartelloni e scuoteva striscioni con foto e nomi degli ostaggi e il corteo ha sfilato dirigendosi verso il quartier generale dell’esercito. I manifestanti hanno gettato vernice rossa per strada, ha riferito il sito israeliano di notizie Ynet. “Per loro il tempo sta finendo, riportateli a casa adesso”, ha gridato la folla, senza risparmiare critiche al governo del premier israeliano Benjamin Netanyahu, accusato di non fare abbastanza per ottenere la liberazione degli ostaggi nella convinzione che un accordo come quello di fine novembre avrebbe evitato “incidenti” come quello recente.

Intanto alle truppe israeliane è stata chiesta “ulteriore attenzione”, sono stati chiesti “ulteriori controlli di sicurezza” dopo la notizia della morte dei tre ostaggi. Lo ha detto alla Cnn il portavoce delle forze israeliane (Idf), Jonathan Conricus, precisando che si indaga sull’incidente e osserva al contempo come i combattenti di Hamas tendano a indossare abiti civili, un fatto che, ha affermato, “crea un contesto di combattimento molto impegnativo”.

“Quello che abbiamo detto alle nostre truppe è di esercitare maggiore cautela di fronte a persone in abiti civili – ha continuato nelle dichiarazioni – Ma anche un episodio triste come questo non intaccherà la nostra determinazione e non ci distoglierà dall’obiettivo, che è chiaro, smantellare Hamas”.

Nelle prossime ore, in Europa, potrebbe esserci un incontro tra il capo del Mossad(servizio segreto israeliano), David Barnea, e il premier e ministro degli Esteri del Qatar, Mohammed Bin Abdul Rahman Al Thani. L’indiscrezione è arrivata da Axios, secondo cui il faccia a faccia è previsto “questa settimana”, e viene rilanciata stamani dal Jerusalem Post. L’obiettivo, ha scritto Axios è riprendere i negoziati per un accordo che porti al rilascio degli ostaggi prigionieri nella Striscia di Gaza dall’attacco orribile del 7 ottobre in Israele.

Sarebbe il primo incontro tra responsabili di Israele e Qatar dalla fine della pausa nelle ostilità concordata per una settimana a fine novembre. Risale a giovedì scorso l’incontro a Tel Aviv tra Barnea e il consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan. Intanto il conflitto nella Striscia di Gaza prosegue e in Israele aumentano le pressioni dei familiari degli ostaggi sul governo di Netanyahu per la liberazione dei propri cari.

“Non ci sono novità”, ha detto l’ambasciatore israeliano in Russia, Alexander Ben Zvi, nel contesto delle notizie sulla ripresa di colloqui con la mediazione del Qatar. Israele si dichiara quindi “pronto” a una guerra “prolungata”.

“So che varie parti tentano di ricorrere a determinati tentativi – ha affermato l’ambasciatore in dichiarazioni all’agenzia russa Tass – Tuttavia sinora questi tentativi non hanno avuto successo”. “Abbiamo dimostrato in passato che quando ci sono state proposte specifiche le abbiamo seguite – ha detto ancora – Non c’è niente da considerare al momento poiché non ci sono proposte. Significa che andranno avanti le operazioni di combattimento”.

E, ha aggiunto, l’economia israeliana “è pronta per azioni di combattimento prolungate”. “Continueremo a combattere – ha evidenziato – Il fattore economico non avrà alcun impatto sulla nostra determinazione a portare avanti le azioni di combattimento”.

Intanto in Iran: ” condanna a morte spia del Mossad”

In Iran è stata eseguita la condanna a morte inflitta a una persona accusata di “spionaggio” per conto di Israele, di “legami con servizi stranieri, compreso il Mossad”. Lo riporta l’agenzia ufficiale iraniana Irna, secondo cui la condanna è stata eseguita nel carcere di Zahedan, nella provincia di Sistan-Baluchestan, nel sudest della Repubblica Islamica. “Questa persona ha raccolto informazioni riservate”, era in contatto con “servizi stranieri, Mossad compreso, e in collaborazione con altri ha fornito documenti a servizi stranieri, Mossad in particolare”, si legge nell’articolo dell’Iran che non identifica la persona né fornisce altri dettagli in proposito.

Sarebbe bello dire che la guerra e tutte le ostilità connesse finiranno quanto prima, ma sappiate che non sarà cosi. Purtroppo il conflitto in Medioriente probabilmente si estenderà coinvolgendo non mediatori, ma alleati e nemici in un quadro internazionale ancora non ben definibile.

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