La rivoluzione in Iran non si ferma e a guidarla sono proprio le donne. In una scuola di Teheran alcune studentesse hanno filmato il momento in cui distruggono un’immagine della “guida suprema dell’Iran” Khamenei saltandoci sopra ripetutamente, prima di strapparla e ridurla in pezzettini. Alla fine del video cantano gioiosamente: «Non abbiate paura, restiamo unite. Donna, vita, libertà».
E’ emblematico come le donne iraniane combattano contro la gestione patriarcale del loro corpo e del vivere pubblico: non chiedono solo l’abolizione dell’obbligatorietà dell’hijab (in arabo ﺣﺠﺎب. ,rendere invisibile, celare allo sguardo, nascondere, coprire)“Ma un diverso sistema di governo. Le manifestazioni si sono acuite dopo l’omicidio di Mahsa Amini, eppure è da almeno quarant’anni che le donne iraniane sfidano le autorità e i loro apparati – come la polizia morale – lasciando scoperti diversi centimetri di capelli. Un gesto che rivendica la storia: «Dopo quarantaquattro anni di repressione le ragazze ereditano questa forte indole alla rivoluzione dai propri genitori e nonni che, prima di loro, hanno combattuto per la libertà» afferma Pegah Moshir Pour, consulente e attivista dei diritti umani e digitali in prima linea nella divulgazione per i diritti delle donne in Iran.
Dalla rivoluzione culturale attuata nel ’79 dall’Ayatollah Ruhollah Khomeini le donne hanno visto i loro diritti assottigliarsi rovinosamente.
Adesso le giovani donne iraniane sono decise a invertire la rotta mettendo a disposizione le loro competenze coinvolgendo diverse fasce della popolazione, canalizzando le ingiustizie subite: «Le donne in Iran sono altamente qualificate e specializzate: il 97% è alfabetizzato, di queste il 66% sono laureate e il 70% in materie STEM» chiosa Moshir Pour.
In questa rivoluzione le donne non sono le sole a battersi per diritti “universali”. «Il punto di forza della rivoluzione in atto è l’unione» dichiara l’artista iraniana Fariba Karimi, che aggiunge anche : «I giovani uomini combattono a fianco delle donne che non si sono mai accontentate o arrese: la normalità è un diritto».
A guidare le rivendicazioni sono quelle generazioni su cui il governo ha investito per consolidare i suoi principi moralisti: «In Iran vige una dualità tra vita pubblica e privata: il 70% della popolazione iraniana è sotto i trent’anni e rivendica con forza il diritto di vivere come gli altri ragazzi e ragazze del mondo: avere la libertà di poter festeggiare un compleanno, viaggiare con chi si ama, passeggiare mano nella mano senza paura di essere fermati e identificati. Fino ad arrivare alla possibilità di entrare nel mondo della politica e del lavoro, per avere quella giustizia economica che un Paese deve garantire»» afferma Moshir Pour.
Le ragazze non provano più paura e puntano sulla loro istruzione per emanciparsi: «Laurearsi in ingegneria informatica vuol dire essere autonome nel web. Diventare delle matematiche permette di accedere a numerose borse di studio all’estero e poter lasciare il paese» spiega l’attivista, per la quale la strada verso la libertà ha un obiettivo preciso: «La repubblica democratica. Quella che esiste adesso, invece, è una teocrazia sotto falso nome”.
Si cerca di aggirare i tentativi di censura: di fronte alla difficoltà di documentare ciò che accade, lo user generated content – i contenuti creati dagli utenti e postati nei canali online – diventa uno dei pochi mezzi di informazione. «Le ragazze iraniane sono istruite e grazie ai canali digitali stanno dando visibilità a quello che sta accadendo con i loro cellulari riprendono coraggiosamente le proteste, le reazioni violente del regime e denunciano ciò che stanno vivendo» dichiara Darya Majidi, imprenditrice e presidente dell’associazione Donne 4.0 , e prosegue: «I giovani chiedono i diritti basilari e negati: libertà di pensiero, di espressione, di avere un lavoro dignitoso, di vestirsi liberamente, di cantare e amare. Dobbiamo essere la loro voce e agire concretamente per arrivare a una nazione libera ed equa». La responsabilitàè della collettitività: «Non bastano le condanne verbali, la comunità internazionale deve rispettare la volontà del popolo iraniano che desidera il rovesciamento del regime» specifica l’artista Karimi , concludendo: «L’arte esprime il mondo in cui si è e quello che si sogna: nella mia i corpi delle donne si fanno spazio e sono gli stessi che stanno combattendo per un mondo libero». Non smettere di parlarne e «chiedere ai referenti politici decisioni nette – come indica Moshir Pour – è quello che possiamo fare per dare luce e voce a una battaglia che ci riguarda».
La voce delle donne non smette per questo di farsi sentire.
La morte di Mahsa Amina e delle altre in Iran dal settembre 2022, dopo il fatto accaduto a Teheran alla giovane arrestata perché non portava il velo in maniera corretta, la nuova ondata di proteste in Iran ha riportato l’attenzione del mondo sulla effettiva condizione delle donne nel Paese, sui diritti illogicamente negati, e sulla violenta repressione delle piazze che li rivendicano per cui ad oggi si contano centinaia di morti secondo quanto riportato dalle organizzazioni umanitarie che operano fuori dall’Iran.
Tra le tante rivendicazioni c’è l’abolizione della “polizia della sicurezza morale”, organo fondato all’inizio del 2000 in seno alle forze dell’ordine per pattugliare le strade e assicurarsi che l’aspetto delle donne sia coerente con il codice di abbigliamento islamico. La voce risoluta delle donne iraniane è stata determinante nell’opposizione al regime salito dopo la rivoluzione del 1979: lo è stata durante i moti studenteschi del 1999, nel Movimento Verde, e ancora nel 2018 e nel 2019. E ogni volta riceve il plauso e il consenso intimo della gran parte della comunità internazionale, eppure ad oggi oltre all’obbligo del velo i divieti che restringono i diritti e tolgono fette di libertà alle donne vanno dall’uso della bicicletta o avere la patente di guida per la moto, al permesso per andare allo stadio da sole e di lasciare il Paese senza l’autorizzazione del marito.
L’Afghanistan è l’altro Paese che torna puntualmente al centro del dibattito sulle donne : una sorta di ‘osservato speciale’ agli occhi di gran parte dell’opinione pubblica mondiale. Eppure persino la promessa di mantenere alta l’attenzione sembra essere spesso disattesa, soppiantata dalle ‘emergenze’ di attualità più stretta, nonostante il ritorno del regime talebano nell’agosto 2021, dopo il ritiro delle forze internazionali della Nato(Otan), per le donne afghane è stato un clamoroso quanto tragico passo indietro che ha reso vani gli impegni e le battaglie condotti in nome dell’emancipazione femminile, alcune pagate anche con il prezzo più alto, ossia la vita.
Così oggi, in Afghanistan, sussiste l’obbligo di indossare hijab o il più annichilante “burka”, permane per le ragazze l’accesso ridotto all’istruzione universitaria, fino ai limiti imposti proprio di circolazione in parchi e giardini e in ogni sito pubblico.
D’altra parte in alcuni paesi del Golfo convivono una manifesta e accelerata spinta allo sviluppo – quelli tecnologico, scientifico, finanziario soprattutto – e la persistenza di limitazioni della libertà e diritti per le donne. Un esempio spesso citato è l’Arabia Saudita, dove negli ultimi anni si sono registrate alcune evidenti spinte in avanti eppure le donne sono esposte a discriminazioni e abusi a causa di tutele ancora insufficienti sul piano politico e giuridico. La legislazione sulla violenza domestica, ad esempio, presenta ancora lacune tali da rendere difficile se non impossibile denunciare e punire gli atti di stupro.
Recentemente iscritto ai David di Donatello 2024, viene presentato oggi con la volontà di unirsi alla giornata mondiale contro la violenza sulle donne e al movimento “donna, vita, libertà” che ne è splendido esempio, “La strage dei fiori”, il cortometraggio sulle donne della rivoluzione iraniana realizzato da di Rosalba Panzieri, scrittrice e attrice e Maria Teresa de Carolis, scrittrice, attrice, filmmaker.
“Come si racconta l’indicibile? Attraverso le parole degli altri, ma anche attraverso i silenzi, anche appoggiandosi alla balaustra dello sguardo di chi ha visto l’orrore e continua a credere nella luce. Se le parole possono ricostruire mondi distrutti, l’immagine ha il potere di svelare anche l’inenarrabile dell’animo, che resta custodito dentro le trame dei volti, nei segni della carne. La rivoluzione delle ragazze e dei ragazzi in Iran non ha solo scosso e mostrato al mondo un coraggio esemplare, ma ha indicato chiaramente quale è una risposta concreta alla violenza: l’incontro, la relazione. Questa è una rivoluzione per i diritti delle donne che vede in prima fila gli uomini a loro difesa: un esempio per tutti, perché agiscono questo sentimento, l’amore, che passa troppo per la bocca e poco per le mani” aggiunge Rosalba Panzieri.
(Fonti: Ansa,Sole 24 ore)