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Giulia Cecchettin, indagini in corso

Il femminicidio di Giulia Cecchettin presenta ancora misteri e segreti sui dettagli. Il suo cellulare diventa “muto” inspiegabilmente, e tutto resta celato nelle memorie delle azioni di Fillippo Turetta, 21 anni a dicembre, da sabato estradato dalla Germania con volo di Stato, ora in carcere a Verona. Martedi 28 novembre sarà interrogato dal Gip e chissà, decidere se rispondere o meno alle domande.

L’ultima traccia del cellulare di Giulia Cecchettin è riconducibile alle 22,45 dell’11 novembre, mezz’ora prima dell’aggressione subìta da Turetta non molto distante da casa, testimoniata visivamente da un vicino. Giulia e Filippo avevano trascorso la serata alla “Nave de Vero” di Marghera, un centro commerciale della zona e la studentessa inviava messaggi alla sorella Elena, poi senza ragione apparente il suo telefonino diventa muto. Inizialmente non è stato comunicata alcuna notizia sul suo ritrovamento. Quella sera stessa il telefono di Filippo Turetta dà segnali fino alle 23,29 nella zona industriale di Fossò, da lì a poco si verificherà la seconda violenza. In seguito si perde ogni segnale dell’apparecchio. A differenza del cellulare di Giulia, verrà trovato durante l’arresto di Filippo. E può “testimoniare elettronicamente”, come possono farlo i dispositivi elettronici sequestrati nella dimora dell’indagato.

L’autovettura Punto con targa “FA015YE” è l’auto usata presumibilmente per il sopralluogo prima del pestaggio, auto questa, che il vicino di casa di lei vede correre via nella notte e dove Filippo, attorno alle 22,40 di quel sabato 11 novembre, colloca il corpo senza vita dell’ex fidanzata per poi scappare verso nord e fermarsi centinaia di chilometri dopo sull’autostrada fra Monaco e Berlino, in Germania. Attualmente la Punto è in custodia presso un deposito non distante da Halle, dove Filippo è stato detenuto in attesa di un esame analitico criminale. Oltre a trasportare il cadavere di Giulia, in quella Punto, per una settimana, Filippo Turetta vi ha forse anche dormito. Nell’abitacolo sono stati trovati un coltello, un paio di guanti, una borsa, tracce di sangue, 300 euro in contanti. Seguiranno altri dettagli.

Trovato un libro per l’infanzia

Nella zona del lago di Barcis, oltre al corpo di Giulia, i carabinieri trovano altri indizi. Fazzoletti insanguinati, un rotolo di sacchi per la spazzatura, un singolo mocassino della ragazza in mezzo alle frasche e un libro per bambini: “Anche i mostri si lavano i denti” dell’autrice Jessica Martinello. Dopo la laurea in ingegneria biomedica, Giulia Cecchettin avrebbe voluto diventare illustratrice di libri per l’infanzia e proprio per questo si era iscritta a un corso che si tiene a Reggio Emilia.

Le aggravanti del delitto: efferatezza e occultamento

Quando, esattamente, è morta Giulia? Alle 23,40 di quel sabato, mentre tenta inutilmente di fuggire, Filippo Turetta la spinge da dietro, lei urta violentemente la testa a terra e non si rialza più. Sul suo corpo sono evidenti oltre venti ferite di arma da taglio. Il primo dicembre l’autopsia potrebbe far luce anche a queste domande. Mentre i P.M. cercano di dare risposte ad altri quesiti: il femminicidio era quindi programmato? Dal presunto “sopralluogo” in quella che diventerà poi una scena del crimine ai coltelli ritrovati in macchina, fino al nastro adesivo utilizzato per non permettere a Giulia di urlare , alcuni elementi portano a pensare alla premeditazione, non ancora contestata, con il rischio di accusa per ergastolo. La modalità feroce delle ferite inferte potrebbe portare a contestare l’aggravante della crudeltà. Il dott. Nicodemo Gentile, legale di Elena, sorella di Giulia, invoca i “motivi abietti” in quanto Turetta ha ucciso Giulia «per spirito punitivo». Tra le contestazioni nei suoi confronti potrebbe esserci l’occultamento di cadavere.

Davanti al giudice per le indagini preliminari

Oggi 27 novembre Turetta incontra in carcere il suo avvocato, dott. Giovanni Caruso. Domani si terrà l’interrogatorio di garanzia davanti al Gip. Potrà scegliere di rimanere in silenzio, di rispondere quindi alle domande, di rilasciare dichiarazioni spontanee. Il suo legale, come spesso accade in questi casi, potrebbe presentare l’istanza per una perizia psichiatrica. La Procura, a sua volta, potrà presentare nuove contestazioni o scegliere di farlo successivamente.

Nicola Gallo

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