L’impennata dei tassi di interesse fa diminuire la propensione delle banche a concedere finanziamenti. Le motivazioni del fenomeno, che può sembrare paradossale, traggono origine dal timore degli istituti di credito che le imprese affidatarie, a causa del consistente aumento degli oneri finanziari (e quindi dei costi di gestione), non siano in grado di reggere le ripercussioni economiche negative legate all’aumento del costo del denaro e quindi di rimborsare regolarmente le rate dei prestiti. Soltanto le (adeguate) coperture rilasciate dal Fondo centrale di garanzia per le pmi possono consentire alle banche di operare con maggiore tranquillità e di venire più facilmente incontro alle esigenze finanziarie delle imprese, come risulta dall’indagine condotta dal Gruppo NSA in collaborazione con il Prof. Bramante dell’Università Cattolica, secondo cui il 10% in meno di garanzia concesse può determinare una diminuzione dell’entità media dei finanziamenti accordati alle imprese del 47%. In altre parole, lo studio evidenzia che l’accessibilità ai finanziamenti bancari (anche in tempo di tassi d’interesse elevati) è strettamente correlata al sostegno in termini di garanzie rilasciate dal Fondo pmi che dovrà adeguare i propri interventi alle mutate condizioni dei mercati. Le conclusioni dell’indagine sembrano andare nella stessa direzione della proposta di riforma del Fondo di garanzia per le pmi elaborata dal sottosegretario al Ministero delle imprese e del made in Italy Massimo Bitonci (si veda ItaliaOggi del 19 agosto 2023). La futura operatività dello strumento di supporto finanziario alle imprese, nelle intenzioni del sottosegretario, è infatti quella di rimodulare e innalzare le percentuali di copertura a favore di micro, piccole e medie imprese, oltre a rendere strutturale il plafond di 5 milioni di euro per ogni pmi e di innalzare il valore delle operazioni a importo ridotto ammissibili senza valutazione del beneficiario.