Stop al sequestro preventivo perché il giudice non quantifica il profitto del reato.
Quando la misura cautelare reale risulta finalizzata alla confisca, è necessario individuare “l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario” conseguito dal presunto autore dell’illecito, altrimenti il provvedimento non rispetta il principio di proporzionalità. È quanto emerge dalla sentenza 40429/22, pubblicata il 26 ottobre dalla quinta sezione penale della Cassazione.
Sono accolti due dei motivi di ricorso proposti da una famiglia di imprenditori indagata per bancarotta fraudolenta per distrazione: sbaglia il Riesame a confermare il sequestro preventivo disposto su somme di denaro nella disponibilità degli indiziati. E la spiegazione sta nell’articolo 321 Cpp: un conto è il sequestro impeditivo previsto dal primo comma, un altro è quello finalizzato alla confisca disciplinato dal secondo; l’uno serve a evitare che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze dell’illecito ipotizzato; l’altro nasce dall’esigenza di assicurare al processo cose di cui la legge prevede la confisca, indipendentemente dall’attitudine a dar luogo a effetti e conseguenze rispetto alla consumazione del reato.