Enzo Tortora disse:” solo tre categorie di persone non rispondono dei loro crimini: i bambini, i pazzi e i magistrati.“
Il 18 maggio 1988 muore: la sua storia è rimasta un simbolo degli errori giudiziari in tutto il mondo.
LA MALAGIUSTIZIA IN GRANDE COME IN PICCOLO
L’ inchiesta nei riguardi di Enzo Tortora cominciò nei premi mesi del 1983, quando Pasquale Barra e Giovanni Pandico, personaggi di rilievo della ”Nuova Camorra Organizzata” (Nco), capeggiata da Raffaele Cutolo, decisero di dissociarsi dall’organizzazione e di collaborare con gli inquirenti.
I due ‘‘pentiti” indicarono Tortora, ”quello di Portobello’‘ – il popolare programma televisivo che conduceva – quale appartenente alla “Nco” con l’incarico di corriere di stupefacenti, per cui Enzo Tortora fu arrestato a Roma il 17 giugno di quell’ anno, nel corso di un’operazione diretta dalla Procura di Napoli per l’esecuzione di 856 ordini di cattura.
Tortora fu bloccato all’alba in un albergo di Roma, ma fu portato in carcere in tarda mattinata, solo quando – secondo i difensori – fotografi e cineoperatori furono pronti a ritrarre l’imputato in manette. Fin dal primo momento Tortora si disse innocente, nonostante crescesse continuamente il numero dei pentiti che lo accusavano.
Dopo sette mesi di detenzione in carcere, l’imputato ebbe gli arresti domiciliari dal tribunale della libertà, quasi in coincidenza con il pentimento di un rapinatore, Gianni Melluso, detto “Gianni il bello“, che raccontò di consegne di stupefacenti da lui fatte a Tortora per conto del boss milanese Francis Turatello. Enzo Tortora fu eletto eurodeputato radicale il 17 giugno 1984.
Il 20 luglio 1984 tornò in libertà ed annunciò che avrebbe chiesto al Parlamento europeo di concedere l’autorizzazione a procedere nei suoi riguardi; autorizzazione che fu data il 10 dicembre.
Rinviato a giudizio, il 4 febbraio 1985 comparve davanti al Tribunale di Napoli, ribadendo ai giudici la sua innocenza, in contrasto con le accuse dei pentiti. Il 17 settembre arrivò la sentenza di primo grado: condanna a dieci anni di reclusione per associazione per delinquere di tipo mafioso e traffico di stupefacenti.
Un anno dopo, il 15 settembre 1986, la Corte di Appello di Napoli rovesciò il verdetto: Tortora fu assolto con formula piena, ed i pentiti furono giudicati non credibili. “E’ la fine di un incubo”, disse Enzo Tortora.
L’innocenza dell’ imputato fu definitivamente confermata il 13 giugno 1987 dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione.
Meno di un anno dopo, il 18 maggio 1988, Enzo Tortora morì per un cancro ai polmoni.
ASLIMITALY E LA LOTTA ALLA MALAGIUSTIZIA
“Ricominciare a parlare di questa vicenda aperta ormai dal 2018, mi fa male. Non perchè io abbia qualcosa di cui colpevolizzarmi, al contrario.
Sono vittima di malagiustizia ormai dal 2018 per una vicenda del 2014.
Ho avuto la sfortuna che qualcuno apportasse per me delle firme false ad un contratto di locazione.
Un episodio all’apparenza stupido, senza nessuna forma di complicanza legislativa, fatta una perizia calligrafica, appurato che le firme non erano mie, il fatto è conlcuso.
Invece no.
Sto ancora aspettando. Il giudice non contento continua a riservarsi e continua ad accampare “scuse” talvolta anche paradossali.
Ho subito ripercussioni personali a causa di questa vicenda.
Uno stato di ansia perenne e una poca fiducia nei confronti della giustizia.”
Così Fucci, presidente di Aslimitaly, amareggiato sulle nostre pagine.
“Ho creato Aslimitaly, proprio per portare alla luce gli errori di malagiustizia.
Quante persone hanno avuto la vita rovinata da una sentenza ingiusta?!
Pensate ad un uomo perbene come Enzo Tortora, vita ed immagine rovinate a causa di un lavoro mal fatto dei magistrati.
Che vergogna!”