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Pignoramento? Costa caro nasconderlo!

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Paga il venditore che nasconde che sulla casa pende una procedura esecutiva di pignoramento. E scatta il pagamento del doppio della caparra a favore dell’acquirente mancato, in quanto è considerato un grave inadempimento impedirgli di ottenere un mutuo. Non conta, inoltre, che lo stesso acquirente avesse deciso di recedere dal contratto preliminare di vendita prima della scadenza del termine fissato per sottoscrivere il rogito. È quanto emerge dalla sentenza 12032/22, pubblicata il 13 aprile scorso, dalla seconda sezione civile della Cassazione.

Scatta la condanna definitiva a pagare oltre un milione di euro a carico del promittente venditore.

Il proprietario dell’immobile, infatti, aveva subito il pignoramento del bene in quanto condannato a pagare una provvisionale nel procedimento penale in cui era stato riconosciuto responsabile di truffa. Nel preliminare firmato, invece, il promittente venditore aveva assicurato che l’immobile fosse libero da pesi, tranne l’ipoteca iscritta a garanzia del mutuo. A nulla vale che il promissario acquirente avesse deciso di recedere prima della scadenza del termine per stipulare il definitivo: entro la data prevista, peraltro, non risultava cancellata la formalità ipotecaria né estinto il pignoramento. Il principio di diritto richiamato dalla Suprema corte, d’altronde, prevede che il promissario acquirente ha la facoltà e non l’obbligo di chiedere al giudice la fissazione di un termine affinché il promittente venditore cancelli l’ipoteca sull’immobile che pure gli aveva garantito libero da iscrizioni pregiudizievoli. Ma se la controparte si avvale della facoltà di recesso o chiede la risoluzione del preliminare, il proprietario dell’immobile non può più attivarsi per cancellare l’ipoteca. La risoluzione del contratto prevista ex articolo 1482 cc ha carattere automatico e stragiudiziale laddove opera allo stesso modo della diffida ad adempiere: costituisce per l’acquirente un rimedio non speciale o esclusivo ma alternativo, di ulteriore protezione e tutela dell’interesse all’adempimento. E dunque si può sempre esperire l’azione ordinaria di risoluzione del contratto in caso di grave inadempimento. Una volta stipulato il preliminare, infine, la parte non inadempiente deve tutelare i suoi diritti esercitando le azioni contrattuali senza poter far valere la responsabilità precontrattuale. Non giova, nella specie, al promittente venditore criticare la sentenza impugnata poiché ritiene legittimo il recesso dal preliminare della controparte benché esercitato prima del termine prevista per stipulare il definitivo: lo fa sul rilievo che sarebbe violato il termine di adempimento che in base dell’articolo 1184 cc dovrebbe presumersi stabilito a favore del promittente venditore; deduce che, se gliene fosse stato lasciato il tempo, avrebbe potuto sia cancellare l’ipoteca iscritta per il mutuo in favore della banca sia estinguere la procedura esecutiva pendente sull’immobile compromesso per il credito di 100 mila euro, considerando che la caparra ricevuta ammonta a circa mezzo milione e il prezzo complessivo della compravendita è fissato a 2 milioni. E aggiunge che a suo tempo anche il tribunale avrebbe considerato plausibile l’eliminazione delle iscrizioni pregiudizievoli tanto da respingere il ricorso per sequestro conservativo proposto dalla controparte.

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