L’uso degli stessi locali e i conti bancari cointestati provano l’esistenza di una società di fatto tra professionisti.
Lo svolgimento di un’attività imprenditoriale consociativa, infatti, può essere desunta dal fisco anche con ricorso a indici presuntivi.
Questo è quanto ha chiarito la sezione tributaria della Corte di cassazione con l’ordinanza numero 24881 datata 15 settembre del 2021.
La commissione tributaria regionale aveva rigettato i ricorsi di due professionisti contro l’accertamento emesso nei loro confronti dall’agenzia delle entrate, che aveva ritenuto sussistere una società di fatto tra gli stessi.
In particolare, la commissione tributaria regionale, analizzando la fattispecie, evidenziava che l’esistenza della società emergeva dall’attività in comune svolta dai contribuenti diretta alla costituzione di varie società di servizi, dall’uso degli stessi locali, nonché dall’esistenza di tre conti bancari cointestati.
La controversia è giunta successivamente dinanzi alla Corte di cassazione dove i contribuenti hanno sostenuto che l’ufficio aveva valorizzato l’esistenza dei conti cointestati pur non essendoci prova dell’organizzazione d’impresa e dell’attività realizzata.
In pratica, questa la tesi che è stata portata avanti dai contribuenti, non sarebbe stata sufficiente la mera apparenza esterna per dimostrare l’esistenza di una società di fatto.
La Suprema corte, nel decidere la questione sul tavolo, ha ricordato che in materia tributaria i criteri di identificazione della società di fatto sono diversi da quelli che assumono rilevanza nei rapporti di diritto privato, giacché in questi ultimi l’esigenza è quella di tutelare l’affidamento dei terzi.
In materia fiscale, invece, hanno sottolineato i giudici, la prova della società di fatto può essere dedotta anche dalla presenza di indici presuntivi che rivelino l’esistenza di una struttura sovraindividuale indiscutibilmente consociativa.
Ebbene, ha concluso la Corte di cassazione nella sentenza, nel caso in esame il giudice di merito non solo ha evidenziato l’esistenza di una società di fatto che si manifestava come tale dinanzi ai terzi, ma ha anche accertato la presenza dei requisiti specifici (conferimento di beni, fondo comune, divisione di utili e perdite, affectio societatis), desumendoli da tre elementi indiziari, quali la gestione di varie società di servizi, i conti cointestati e l’uso dei medesimi locali per lo svolgimento dell’attività.
Fonti ItaliaOggi